sabato 26 gennaio 2008

FINALMENTE !!!!!!

Sicilia, Cuffaro annuncia dimissioni "irrevocabili"



PALERMO (Reuters) - Il presidente della Regione Sicilia Salvatore Cuffaro, condannato la settimana scorsa a cinque anni di reclusione per favoreggiamento, ha annunciato oggi le dimissioni dal suo incarico.

E ora, entro tre mesi, la Sicilia deve tornare alle urne per eleggere il nuovo presidente e l'assemblea regionale.

"Annuncio le mie irrevocabili dimissioni", ha detto Cuffaro davanti all'assemblea regionale straordinaria, convocata stamani per "comunicazioni urgenti".

Subito dopo la condanna, nel processo sulla presunta infiltrazione di alcune "talpe" nella Direzione distrettuale antimafia (Dda) della città, Cuffaro aveva detto di essere intenzionato a mantenere la sua carica fino al 2011, poiché non era stata riconosciuta l'aggravante per mafia.

L'esponente Udc è stato condannato per i reati di favoreggiamento semplice e per violazione del segreto istruttorio.

"Già dopo la sentenza sentivo questa esigenza", ha detto Cuffaro parlando in aula.

"Ho tuttavia voluto attendere anche per approvare la legge finanziaria e la manovra di bilancio. Non potevo comunque lasciare il mio incarico senza prima conoscere la volontà dell'assemblea regionale", che giovedì scorso ha bocciato con 52 voti la richiesta di dimissioni avanzata dall'opposizione di centrosinistra.

Cuffaro aveva annunciato di voler dare le dimissioni mercoledì scorso al leader del suo partito, Pierferdinando Casini, come rivelato dallo stesso ex presidente della Camera in una nota.

"Mercoledì mattina il Presidente Cuffaro mi ha comunicato la sua volontà di dimettersi: ne ho preso atto con un profondo apprezzamento per il suo senso delle istituzioni e per il suo amore per la Sicilia", si legge nella nota.

giovedì 24 gennaio 2008

GRAZIE, GRAZIE DI CUORE CARO NINO CAPONNETTO
RESTERAI SEMPRE NEI NOSTRI VUORI

Qualcosa si muove

Mafia: Si Pente Uno Dei Colonnelli Del Boss Lo Piccolo





(AGI) - Palermo, 22 gen. - Si pente uno dei colonnelli di Salvatore Lo Piccolo: Gaspare Pulizzi, arrestato il 5 novembre a Giardinello (Palermo) assieme al capomafia di Tommaso Natale e al figlio, ha iniziato a collaborare con i magistrati antimafia. La notizia e' stata confermata in ambienti giudiziari. Pulizzi e' il terzo boss del gruppo Lo Piccolo a collaborare con la giustizia, dopo Francesco Franzese, che fece catturare i capimafia, e Antonino Nuccio. I familiari di Pulizzi sono stati portati via da Carini, paese in cui risiede. La polizia ha dovuto usare maniere decise per evitare che i parenti del boss, che si sono platealmente dissociati, impedissero agli agenti di prelevare la moglie e i bambini piccoli del boss. Pulizzi e' capomafia della famiglia di Carini. .

Favoreggiameto semplice a Cuffaro, grazie giustizia!!!!


PALERMO. " Io mi dimetterò solo se ci sarà l'aggravante" così andava dicendo in giro nelle tv il Presidente della Regione Siciliana Cuffaro.
Proprio in questi giorni il tribunale di Palermo ha emesso la sentenza in cui si dice che Cuffaro è stato condannato per favoreggiamento semplice, la prima cosa che risalta alla visione di tutti è questo favoreggiamento semplice, saremo anche ignoranti in materia giudiziaria, penso che anche il favoreggiamento semplice sia in qualche modo una collusione con la mafia, anche se nn è un favoreggiamento complicato,(come dicono i tribunali semplice), avvolte nn si riesce a capire cosa vogliono dire certe frasi, ma comunque, diciamo solo che come vadano le cose in sicilia, noi in ogni caso abbiamo un presidente della regione colluso con la mafia o che in qualche modo ha favorito la mafia e questo basta per dire che è un obbligo nei confronti dei siciliani tutti le sue dimissioni.
Certo c'è da dire che il presidente Cuffaro lo aveva detto prima, che se nn ci fosse stata l'aggravante lui nn si sarebbe dimesso, ora vorremmo anche capire, lo sapeva prima, che sarebbe stato condannato? magari ora ci spieghiamo come è possibile che lui si è difeso prima della sentenza, ma comunque aggravante o nn aggravante la sentenza dice favoreggiamento semplice ma sempre favoreggiamento è, quindi si dimetta.
"Sono molto confortato da questa sentenza -- ha detto Cuffaro -- perché ho sempre saputo di non avere favorito la mafia e questa sentenza me ne dà atto".
Bene questa sentenza come dice lui gli da atto di nn essere colluso con la mafia, ma riesce a leggere le sentenze quest'uomo?, la sentenza dice favoreggiamento semplice e condannato a anni 5 di reclusione, ora se uno dice di nn essere mafioso come fa a prendere 5 anni di reclusione per favoreggiamento, mi chiedo sempre come vanno le cose in Italia, questo uomo oggi mi ha fatto capire tante cose.
Va male!!!! e nn vi è nessun dubbio che i politici che vanno avanti hanno l'appoggio della mafia dietro.



Sebastian Zappulla

mercoledì 23 gennaio 2008

ISTITUZIONI, MEDIA E SOCIETà CIVILE INSIEME PER UN FRONTE ANTIMAFIA BASATO SULLA CULTURA

19 Minorenni arrestati in soli 18 giorni,"un pessimo inizio d'anno", come ha dichiarato il magistrato Busacca.

Ripartire dalla cultura per parlare di antimafia a Catania



CATANIA - "Siamo qui anche per la creazione di un ideale fronte antimafia che raccolga Istituzioni, Forze di Polizia, media e società civile". In questo modo Pippo Rinaldi, ispettore di Polizia e organizzatore dell’evento, ha introdotto, lo scorso 18 gennaio, la presentazione del volume “Il Silenzio - Racconto di uno sbirro antimafia” presso una nota libreria catanese. Un curioso ossimoro quello de “Il Silenzio” visto il rumore che ha prodotto sulla stampa regionale e nazionale, dando vita ad un fenomeno editoriale che ha avuto importanti ripercussioni anche nel campo sociale. L’occasione della presentazione è capitata, tra l’altro, in un momento particolarmente difficile per la città Catania, costretta a dover subire sin dall’inizio dell’anno una pesante ondata di criminalità. "E’ stato un inizio d’anno davvero pessimo – ha dichiarato Angelo Busacca, Magistrato A.N.M Catania – perché ho dovuto constatare l’arresto in 18 giorni di 19 minorenni". Un dato allarmante che va collegato ad uno stato di pesante silenzio da parte dei media. "Ormai per leggere di antimafia – ha precisato Dario Montana, fratello di Beppe Montana assassinato dalla Mafia nel luglio del 1985 e rappresentante di Libera – bisogna prendere in mano i libri. I giornali si preoccupano di altro". Un’affermazione cui ha fatto immediatamente eco Giovanna Quasimodo, giornalista de “La Sicilia” e collaboratrice de “I Siciliani” del compianto Pippo Fava. "Sul mio quotidiano non ho spazio per occuparmi – ha precisato la giornalista – dei problemi reali della città".



Rosario Battiato



"pubblicato sul Quotidiano di Sicilia del 23/01/2008

giovedì 17 gennaio 2008

CI SIAMO......

Bene ci siamo stiamo per aprire battenti, Santa Venerina è pronta ad aprire le porte alla prima associazione contro la mafia, eccola la "CASA DELLA LEGALITà E DELLA CULTURA",la nostra iniziativa vuole essere da imput, vuole essere un segnale di speranza, quella speranza che avvolte si affievolisce e avvolte si riaccende, noi vogliamo cercare di tenerla sempre accesa questa speranza, la speranza che un giorno qualcosa cambi, e nel frattempo lottiamo affinchè quel giorno nn sia un giorno così lontano.
Il sogno di questa associazione è il sogno di tutta la sicilia per bene , di tutta la società, quindi ci auguriamo che questo si avveri, ci auguriamo un buon lavoro a noi stessi e anche al nostro territorio di un proficuo rapporto di collaborazione.
GRAZIE TANTE EVVIVA LA LOTTA ALLA MAFIA.


RESPONSABILE
Sebastian Zappulla

mercoledì 16 gennaio 2008

LASCIATE IN PACE PER FAVORE IL GRANDE BORSELLINO

Milano, 1 Gennaio 2008

Non si puo' che restare allibiti nel leggere l'ultima esternazione dell'avvocato Lipera che asserisce di riferire frasi raccolte dal suo assistito, il Sig. Contrada, in un colloquio avuto presso l'ospedale Cardarelli di Napoli.

Il suddetto Contrada avrebbe testualmente detto:"Di Paolo Borsellino ho un grandissimo ricordo. Con lui c'era un'ottima collaborazione professionale, ma anche un'amicizia che ci portava a frequentarci fuori del lavoro".

Di fronte a una dichiarazione così aberrante e al di fuori della realta' accertata in piu' gradi processuali fino alla sentenza definitiva della Cassazione sono possibili due ipotesi.

La prima e' che l'avvocato Giuseppe Lipera continui autonomamente nella sua opera di disinformazione tesa a mistificare la realta' presentando all'opinione pubblica un traditore dello Stato come una vittima di chissa' quali macchinazioni ed attribuendo alla durezza del regime carcerario le condizioni fisiche dello stesso Contrada, dovute invece per la maggior parte ad un digiuno volontario attuato allo scopo.

La seconda e' che il quadro clinico denunciato sia effettivamente così grave, perlomeno a livello cerebrale, da avere completamente ottenebrato la mente dello stesso Contrada tanto da far nascere nella sua mente ricordi non assolutamente corrispondenti ed anzi in assoluto contrasto con la realta'.

Non e' assolutamente spiegabile altrimenti quanto risulta da atti processuali e quanto mi sono ancora oggi fatto ribadire dalla figlia maggiore di Paolo, cioe' che almeno in due occasioni Paolo avesse reagito al solo sentire il nome di Contrada, peraltro neanche noto al resto dei suoi familiari, dicendo esplicitamente che sarebbe stato meglio che nemmeno pronuziassero nemmeno il nome dato che si trattava di un individuo estremamente pericoloso.

Non bisogna poi dimenticare come il pentito Gasare Mutolo avesse fatto a Paolo, in un colloquio non verbalizzato, il nome di Contrada insieme a quello del Giudice Signorino.

Paolo fu ucciso la settimana prima dell'incontro che avrebbe dovuto avere con Mutolo per verbalizzare queste dichiarazioni.

Il giudice Signorino si uccise quando comunicarono a trapelare le voci sulle dichiarazioni di Gaspare Mutolo.

Contrada e' oggi in carcere per scontare una condanna definitiva e tenta di far parlare i morti e sfruttare la sparizione dell'agenda rossa di Paolo Borsellino per non pagare il suo debito con la societa'.

Salvatore Borsellino
15.01.2007
La mafia non esiste... è un invenzione della Legge
è la parola dell'avvocato Giuseppe Lipera
di C.Abbondanza e S.Castiglion
[le frasi in corsivo sono tratte dalle dichiarazioni 'un po' così' di Giuseppe Lipera in "risposta" al rigetto dell'istanza di differimento della pena da parte del Tribunale di Sorveglianza]

“In Italia si è pericolosi per Legge: basta un’aggravante di un 416 bis”.

La criminalità organizzata, la mafia, quindi, non esiste, è un invenzione di legge, di questo 416 bis, una bazzecola d'aggravante. Non lo dicono mica i mafiosi condannati, loro lo hanno sempre detto che la ‘maffia’ – ‘sta invenzioni dei comunisti’ diceva il povero Riina- non esiste. Non è nemmeno un replay di Berlusconi, Dell’Utri, Andreotti o Totò ‘Vasa Vasa’ Cuffaro e degli altri sodali della ciurma da tribunale. E’ la parola di un professionista forense: l’avvocato ‘un po’ così’ Giuseppe Lipera, che naturalmente ha anche già individuato i colpevoli, l’inventore di questo nulla ha per lui, ormai, ha un volto ben preciso: “il legislatore” e “cioè i parlamentari di allora che votarono quella legge e i parlamentari di oggi che la mantengono in vita”.
D’altronde Cosa Nostra lo ha sempre chiesto, con tanto di papello, questa legislazione antimafia è da cancellare del tutto, le ampie concessioni effettuate dai vari Governi - di destra e di sinistra - non gli possono bastare di certo, a loro che ‘non esistono’… c’è sempre stu dannato 416 bis, il 41 bis e qualche volta pure le confische e l’uso sociale dei beni confiscati va in porto nonostante il Demanio ci si impegna proprio tanto a tener tutto fermo e nascosto.
Ma lui è proprio ‘un po’ così’, il Lipera, ed è per colpa di quel ‘demonio’ di potere giudiziario che arresta, condanna e tiene in cella i condannati in via definitiva con “un semplice provvedimento di un giudice”. Ma che scherziamo? Uno fa sciopero della fame così si sente male e non lo si fa uscire dal carcere? non gli si da la grazia? non si fa una bella revisione processuale? non si cancella la sentenza anzi il 461bis direttamente con effetto reatroattivo (per tutti, naturalmente)? Ma come: uno è colluso con Cosa Nostra, ha fatto per una vita pure lo straordinario come alto funzionario dello Stato, senza chiedere una lira in più, per servire meglio i boss ed i loro traffici, tenendo bene la bocca chiusa, e lo Stato che fa? Non gli dice nemmeno “grazie”? Povero Avvocato Lipera.
Ora ci si mettono anche i medici che hanno verificato lo stato di salute di Contrada non riscontrando alcun “incompatibilità” con il sistema carcerario, nonostante le patologie proprie di un settantenne. Ci si è messo pure il Tribunale di Sorveglianza che, quando Contrada voleva a tutti i costi tornare in carcere dopo il ricovero in Ospedale, ha stabilito che dovesse restare per tutti gli esami necessari ad accertare lo stato di salute e per le eventuali cure nel nosocomio. Un vero e proprio accanimento, curare in Ospedale un anziano, in sciopero della fame, che urlava al mondo di essere sul punto di morte. Un gesto davvero inaccettabile! ma che umanità hanno questi giudizi?
Strano che l’avvocato Lipera non proceda a ricusare all'istante o, che so, a denunciare alla Corte Europea, questo Tribunale di Sorveglianza che guardando i pareri medici, a seguito di tutti gli accertamenti clinici – compresa una tac pochi giorni or sono – non si fida della parola “d’onore” del suo assistito, ma dei medici.
Ma in che Paese viviamo?!? In Italia… dove i Lipera & C possono dire qualunque cosa! Dove gran parte dei media gli danno voce e risonanza facendo sembrare le sue sparate quasi credibili e vere. Si, è davvero una situazione indecente!

PS
Mastella, spinto anche dalla sua signora, disse che avrebbe fatto tutto con estrema urgenza per arrivare alla grazia a Contrada, sottolineando che: nessuno deve morire in carcere. Chissà se qualcuno al Ministero gli ha spiegato che in Italia esiste – anche se Cosa Nostra ha sempre chiesto di abolirlo!- la pena dell’ergastolo, che prevede proprio che i condannati restino in carcere sino alla morte (attualmente in Italia i condannati all’ergastolo sono circa 1294). Forse nel suo “mondo” lui l’ha già abolito l’ergastolo, deve averne parlato con Campanella della “famiglia” di Villabate.
Contrada, peraltro non è stato condannato all’ergastolo ma a 10 anni e la sua condotta processuale ha fatto sì che anziché accertare la verità in un tempo ragionevole il procedimento a suo carico durasse più di un decennio. Inoltre non ha mai voluto collaborare con la magistratura dicendo ciò che sa e indicando gli altri anelli della catena di collusione tra mafia e pezzi dello Stato. Non ha dato alcun segno di pentimento. Quindi non può certo pretendere di non scontare una pena in carcere solo perché, ora, è anziano.
Inoltre a Mastella e coloro che urlano che non si può morire in carcere e che quindi Contrada deve essere liberato, nessuno ha mai ricordato che nelle nostre carceri dal 2000 al 2007 sono morti oltre 1211 detenuti di cui 432 per suicidio (dati non ufficiali)?
Per chi sta male - e non è condannato per gravi reati come quelli di mafia - c’è la sospenzione della pena, ed in Italia c'è anche l'istituto del differimento della pena. Naturalmente questo non vale per chi fa sciopero della fame così da aggravare le sue condizioni di salute per dire "fatemi uscire, sto male" (sic!).
Per questo però sono i medici a dire quando è necessario ai giudici che quindi provvedono, non lo stabiliscono i ministri, le moglie, i parenti, i difensori, i consulenti, i giornalisti alla Jannuzzi o altri.
Quindi ora basta con questa pantomima volta a trasformare in 'sciacalli assetati di morte e dolore' quanti chiedono semplicemente la certezza del Diritto che, in uno Stato liberale, è anche certezza della pena, per tutti! Chiedere e pretendere, soprattutto per i condannati per mafia (anche quella dal colletto bianco), che la pena sia scontata interamente e senza sconti, è chiedere la "norma" di una Giustizia degna di questo nome. Davvero, quindi, basta!

SE CONTRADA NN è MAFIOSO PERCHè LO è IL SUO AVVOCATO ?


L'AVVOCATO DEL DIAVOLO E PURE IL DIAVOLO AVVOCATO.


Conosciamo un po' meglio
il legale del "dottor morte", Giuseppe Lipera
di C.Abbondanza e S.Castiglion


Giuseppe Lipera - nella foto del suo sito al cimitero, davanti alla tomba di Enzo Tortora -, un legale con una missione: difendere i mafiosi (ops le “vittime della Giustizia”) e screditare lo Stato.
Se lo Stato istruisce i maxiprocessi contro la mafia, lui è per smantellare i maxiprocessi. Se lo Stato si avvale delle informazioni (riscontrate per attendibili, attraverso riscontri probatori) dei collaboratori di giustizia (per lui “pentiti”), lui è scardinare lo strumento della collaborazione di giustizia. No, non è una nostra opinione, lo dice lui nel suo curruculum: “il giovane avvocato Lipera si imbatte duramente con la drammatica ed ingiusta realtà giudiziaria (...) costituita dal fenomeno spregiudicato di acquisizione e valutazione della prova chiamato pentitismo e dai maxi processi.

Oltre al suo studio a Catania ha anche sede la sua associazione “Avvocatura e Progresso”, che ha organizzato diversi incontri, anche con “l'allora giovane pm” Anna Finocchiaro – la dirigente dell'Ulivo esperta di “giustizia”. Il Lipera è naturalmente folgorato da Enzo Tortora, e con lui gira il Paese, perchè questi rappresenta la “prova vivente delle storture del “pentitismo”.” Nel 1997 Leonardo Sciascia lanciava quell'infamante attacco al Pool Antimafia di Palermo, etichettando Falcone e Borsellino come “i professionisti dell'antimafia”... musica divina per le orecchie di Lipera che accorre ad incontrarlo ed acclamare contro i “professionisti dell'antimafia”. Anche questo lo dice lui, sempre nel suo curriculum.

Nel 1991 fonda il “Movimento Popolare Catanese” (MPC), che naturalmente si colloca con i movimenti indipendisti/autonomisti siciliani e che combatte una sua battaglia fondamentale per quella grande opera del Ponte sullo Stretto... si quell'opera insensata che tanto è amata dalle cosche calabresi e siciliane che già si spartivano gli appalti. Il movimento chiude i battenti nel 1993, recita sempre il suo curriculum. Manca, invece, il passaggio che lo vede tra i fondatore del partito voluto da Cosa Nostra: “Sicilia Libera”, che viene sciolto per volontà dei capi mafiosi, trasformandosi in un club di Forza Italia, che direttamente Provenzano aveva ordinato di appoggiare visto che Totò Riina, dalle risultanze investigative e dibattimentali di diversi processi, “aveva in mano Berlusconi e Dell'Utri”.


Nel 1995 segnala il suo curriculum che partecipa ad un convegno, “Le libertà del cittadino tra giustizia e politica”, a Varese, dove è “relatore appassionato” insieme a Tiziana Maiolo, Agostino Viviani, Gaetano Pecorella, Guido Podestà e Domenico Contestabile... (ma guarda il caso di quanti “azzurri” di Berlusconi e Dell'Utri ci sono tra i convenuti).
Nello stesso anno organizza un convegno sulle “vittime della Giustizia” (non della mafia, della Giustizia!). Naturalmente chiama al suo fianco quel Vittorio Sgarbi sempre in prima linea nelle azioni diffamatorie e calunniose contro Giancarlo Caselli ed il Pool di Palermo.

Nel suo curruculum trova naturalmente menzione il fatto di essere riuscito a far assolvere un medico accusato di aver curato – e protetto - la latitanza di un boss mafioso.

Nel curriculum on-line non vi è, però, menzione per la “vittoria”, nel 2004, ottenuta per la scarcerazione (in quanto era passato troppo tempo dall'acquisizione della prova, il 2000) di Francesco Mirabile - secondo la Procura, il Gip ed i Tribunale del Riesame – affiliato alla cosca La Rocca del Calatino, di Cosa Nostra. L'uomo è il fratello di Alfio, ferito gravemente da alcuni killer a S.G. Galermo, e di Pietro, in carcere per mafia, estorsione e altro. Francesco Mirabile era in carcere dal 16 luglio 2003, quando fu arrestato dalla Polizia di Catania durante un'operazione antiestorsione. Il provvedimento restrittivo venne emesso, su richiesta della DDA di Catania, dal gip Angelo Costanzo, per associazione mafiosa. Contro di lui un intercettazione ambientale di un colloquio dell'indagato con suo fratello nel carcere di Palermo dove questi si trovava detenuto. L'avvocato Lipera le ha tentate tutte e con la Cassazione riesce a ottenere che l'imputato (per associazione mafiosa con prova a carico non di un pentito bensì di sue dichiarazioni in un intercettazione con il fratello detenuto per mafia) debba essere liberato e partecipare da persona libera al dibattimento. Il Francesco Mirabile, detto
“Cicciu muccattu”, ècognato di Nino SANTAPAOLA (fratello di Benedetto) e del figlio di quest’ultimo, Giuseppe (...) “che si stava attivando per la “famiglia” grazie anche alla “coperturafornitagli dal potente capo famiglia di Caltagirone, Francesco LA ROCCA”


Questa non è l'unica "non menzione" nella lista delle “referenze” dell'avvocato Lipera. Infatti lui è anche il legale della famiglia Santapaola, la potentissima cosca catanese di Cosa Nostra con diramazioni in molte regioni del Paese (ricordiamo che il delfino del boss della cosca è stato arrestato pochi mesi fa a Genova).
In particolare lui ha fatto dichiarare Antonino Santapaola, detto Nino, incapace di intendere e volere, guadagnandogli l'Ospedale Psichiatrico anziché il carcere. Ma questo e la difesa del cognato di Nino, Francesco Mirabile, di cui abbiamo appena parlato, non è tutto. Nell'aula bunker dove si celebrava il maxiprocesso contro Santapola e la sua cosca, all'inizio di un'udienza, senza esserne il legale, l'avvocato Giuseppe Lipera, si avvicinò alle gabbie e non salutò il suo cliente, bensì andò dritto a salutare e stringere la mano a Benedetto “Nitto” Santapaola, il boss condannato per le stragi di Capaci e Via D'Amelio, di Via Carini (dove furono ammazzati il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Emanuela Setti Carro e l'agente Domenico Russo), ma anche, tra le altre, dell'omicidio di Giuseppe Fava. Quel Nitto Santapaola che da responsabile provinciale di Cosa Nostra a Catania, aveva forti legami con i servizi sergreti deviati, con la massoneria, vicinissimo a Totò Riina; anche lui ebbe rapporti con Dell'Utri, a seguito dei quali cessarono gli attentati alla “Standa” - per cui la Fininvest non fece mai denuncia – e, sempre l'accordo raggiunto – di cui hanno riferito i collaboratori di giustizia – il Santapaola investì molti soldi nelle attività della Fininvest.

Attualmente Giuseppe Lipera è impegnato nella difesa dell'unico imputato agli arresti per l'omicidio del ispettore della Polizia di Stato, Filippo Raciti, ucciso a seguito degli scontri allo Stadio di Catania il 2 febbraio 2007. Le innumerevoli richieste di scarcerazione del suo assistito Antonino Speziale, sono state tutte respinte.

Detto questo occorre ricordare che il legale di Contrada - che proprio l'ultimo giorno del 2007 ha chiamato nella sua battaglia per la “grazia-supplica-revisione” al “dottor morte” i consulenti di parte del matricidio di Cogne (seguito dal suo collega Taormina) e dell'omicidio del commissario Raciti – si è guadagnato anche la citazione nel libro del pubblico ministero Luca Tescaroli, “Perchè fu ucciso Giovanni Falcone”, per la sua partecipazione al movimento Sicilia Libera. Per esattezza lo riportiamo ampio stralcio del capitolo:

“Non vi è dubbio che l'agire criminale di Cosa Nostra potrebbe apparire “prima facie” dissennato, se valutato “sic et sempliciter” nel suo divenire fenomenico, alla stregia della prevedibile controffensiva dello Stato. In realtà, lo stesso appare, di contro, sulla scorte delle acquisizioni probatorie, consono al disegno criminale e sincrono ai tempi di evoluzione di attività relazionali esterne intraprese dai vertici dell'organizzazione.
La linea dell'attacco ordito, a far data dal 1991, non mirava a produrre una rottura fine a se stessa, ma ad una cesura protesa alla creazione di nuovi equilibri ed alleanze con nuovi referenti politico-istituzionali-finanziari: una frattura costruttiva oggettivamente agevolata dal fiorire, per l'appunto dagli inizi degli anni '90 e fino al 1993, di una serie di iniziative politiche, riconducibili in gran parte alla massoneria deviata o all'estremismo politico di destra, e caratterizzante, tra l'altro, dal sorgere di piccoli movimenti con vocazione separatista in più punti del territorio nazionale: le Leghe Italiane Pugliesi, Medidionale-Centro-Sud-Isole, Molisana, Marchigiana, degli Italiani, Sarda, La Lega delle leghe, quella Nazional Popolare, Sud della Calabria, Toscana, Laziale, Sicilia Libera (che veniva fondata il 28 ottobre 1993, a Catania, da Antonino Strano, poi divenuto Assessore regionale di A.N. per il Turismo e lo Sport, nonché dall'avv. Giuseppe Lipera e da Gaspare Di Paola, dirigente del gruppo imprenditoriale riconducibile ai fratelli Costanzo), Sicilia Libera nell'Italia Libera ed Europer (che veniva fondata, com'è noto, in data 8 ottobre 1993, a Palermo, presso lo studio del notaio Salvatore Li Puma, residente in Corleone, da Tullio Cannella, da Vincenzo Edoardo La Bua, e da altri, e che avrebbe dovuto avere come referente, nella provincia di Trapani, Gioacchino Sciacca), ecc.
Al riguardo, deve rilevarsi che Leonardo Messina ha riferito che i vari rappresentanti provinciali di Cosa Nostra si erano riuniti, nell'ennese, nel settembre-ottobre 1991, per “gettare le basi per un nuovo progetto politico” di stampo separatista: creare una nuova formazione, la Lega del Sud, appoggiata da un'ala della Massoneria e da Cosa Nostra, nel cui ambito dovevano entrare uomini dell'organizzazione, in contrapposizione alla Lega Nord, costituente, a suo dire, espressione della P2 di Licio Gelli e di Giulio Andreotti (...)
E' evidente come le indicazioni del collaboratore (attinte da Borino Miccichè) rappresentano un segmento conoscitivo di un progetto eversivo, ordito d'intesa con un “potere criminale integrato” con interessi convergenti a quelli di Cosa Nostra, che si stava accingendo, come affermano Filippo Malvagna, Antonino Cosentino e Giuseppe Grazioso, per averlo appreso da Giuseppe Pulvirenti, e come conferma, nella sostanza, anche quest'ultimo, a portare ad esecuzione la campagna di aggressione allo Stato.
Ma, a riprova del fatto di come i vertici dell'organizzazione fossero impegnati, correlativamente e nel mentre dell'esecuzione di un vero e proprio disegno cospirativo, alla ricerca ed al consolidamento di più legami per giungere ad individuare nuovi referenti politico-istituzionali, sorreggono le indicazioni di Angelo Siino, Salvatore Cancemi, Giovanni Brusca e Maurizio Avola, sulle quali appare opportuno soffermarsi brevemente.
Il primo, evidenziava, a seguito di contestazione sollecitatoria, di aver appreso, da Nino Gargano e da Giuseppe Madonia, che Bernardo Provenzano stava adoperandosi per “agganciare Craxi tramite Berlusconi” (...).
Ha aggiunto di aver, successivamente saputo da Antonino Gioè che Bagarella, tramite un ex Ufficiale della Guardia di Finanza, amico di Salvatore Di Ganci, la cui consorte era di Benevento o aveva parenti in quella città, stava cercando di contattare una persona influente vicina all'On. Craxi e che, a tal fine, era necessario fare “più rumore possibile” (alludendo con ciò ad attentati da porre in essere), onde costringerli, poi, di intervenire per far sistemare la “situazione in Italia”, a favore di “Cosa Nostra” (...).
Cancemi riferiva che Riina, in epoca antecedente alla c.d. “strage di Capaci”, si era incontrato con “persone importanti” (...) e che appartenenti al gruppo Fininvest versavano periodicamente una somma di 200 milioni di lire a titolo di contributo; sottolineava che il Riina si era attivato, a far data dagli anni '90-'91, per coltivare direttamente i rapporti con i vertici di detta struttura imprenditoriale (mettendo in disparte Vittorio Mangano, che fino a quel momento li aveva gestiti) e che, tramite “Craxi”, stava cercando di mettersi la Fininvest nelle mani o viceversa (...).
Peraltro, non sapeva precisare se e come, Riina avesse preso il controllo diretto di questo rapporto, ma ricollegava la strategia stragista proprio a tale avvicendamento.
Ha aggiunto che Riina, nel corso del 1991, gli aveva riferito che detti soggetti erano “interessati ad acquistare la zona vecchia di Palermo” e che lui stesso si sarebbe occupato dell'affare avendoli “nelle mani”. Riina e Vittorio Mangano gli avevano fatto presente che era stata incaricata una persona, chiamata “ragioniere”, per seguire “materialmente l'operazione” (...). Ed ancora, ha dichiarato di aver appreso da Raffaele Ganci, intorno agli anni 1990 1991, mentre transitavano con l'autovettura in prossimità di via Notarbartolo, che in quella zona vi erano dei ripetitori che interessavano “a Berlusconi”.
Sottolineava di aver ricevuto conferma di quest'ultima circostanza dal Riina.
Va rilevato, solo incidentalmente, che le indicazione del Cancemi, con specifico riferimento agli esporsi di denaro, hanno trovato puntuali conferme nelle dichiarazioni di altri collaboratori (Francesco Paolo Anzelmo, Calogero Ganci, Aurelio Neri, Antonio Galliano e Giovan Battista Ferrante), acquisite nel corso del processo a carico di Pierino Di Napoli, e riscontri obiettivi (...).
Lo stesso Brusca, sia pur con riferimento ad epoca antecedente alla campagna stragista, ha riferito di essere a conoscenza del fatto che alcuni imprenditori milanesi pagavano, a titolo di estorsione o di contributo, una somma di denaro ad appartenenti all'organizzazione e che, in particolare l'On.le Berlusconi “mandava qualche cosa giù come regalo, come contributo, come estorsione” al di lui cugino Ignazio Pullarà. Quest'ultimo inviava Peppuccio Contorno (omonimo del collaboratore) e tale Zanga, a ritirare il denaro negli anni 1981-'82'83 (...).
Non è ultoneo, poi, rimarcare, per inquadrare appieno la valenza della campagna di aggressione ed il contesto ideativo in cui si inserisce, che il Cancemi, nel corso del giudizio d'appello, ha raccontato di una riunione, tenutasi circa venti giorni prima della c.d. “Strage di Capaci”, nel corso della quale Riina aveva fatto presente che esistevano accordi con autorevoli personaggi del mondo politico nazionale (che ha indicato nominativamente) aventi ad oggetto provvedimenti legislativi (...).”

Se qualcuno ha parlato del “partito degli avvocati” che non ha la minima intenzione di difendere gli imputati nell'ambito del processo, bensì di difenderli dal processo,... bisogna certo dire che Giuseppe Lipera è “un buon partito”, o no?

28.12.2007 la grazia a Bruno Contrada
Graziamo le vittime
di Marco Travaglio

Il cosiddetto "caso Contrada" è un ottimo banco di prova per misurare il ribaltamento non solo della verità, ma anche della logica e del buonsenso quando si parla di condannati o imputati eccellenti in quella che Longanesi definiva "patria del diritto, ma soprattutto del rovescio". Manca poco che si chieda alle vittime di mafia di scusarsi con Contrada. Il suo presunto "caso" consiste in questo: il Dottore, condannato 7 mesi fa a 10 anni definitivi per mafia, ha il diabete. Ma, a suo dire, il rancio nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere non rispetta la dieta prescritta dal suo medico. Così lui rifiuta il cibo e, com'è ovvio, deperisce. A questo punto il suo nuovo legale Giuseppe Lipera (il cui nome compare nelle carte dell'inchiesta palermitana "Sistemi criminali" per aver fondato nel ' 93 a Catania "Sicilia libera", il partito creato da Cosa Nostra e abbandonato quando nacque Forza Italia), chiede la grazia. Che c'entra la grazia con la dieta? Se la dieta è dannosa per la salute di Contrada, la si cambi. Se Contrada non può essere curato in cella, lo si sposti in infermeria, o in ospedale, o gli si differisca la pena in attesa che stia meglio. Invece no: in una sorta di impazzimento collettivo, si scatena la casta politico-giornalistica sempre pronta, anzi prona se c'è di mezzo un membro del Club degl'Intoccabili. Grazia presto, grazia subito, grazia atto dovuto. E chi non è d'accordo è un bruto che vuole "far morire Contrada in carcere". Invece - osserva il cosiddetto ministro della Giustizia Mastella, anche a nome della sua signora - "non si può lasciare che un uomo muoia in carcere". La frase suona bene, soprattutto a Natale. Ma, esaminata a mente fredda, non ha senso: la possibilità che certi detenuti muoiano in cella è prevista espressamente dalla legge. Muoiono in carcere gli ergastolani, moriranno in carcere (si spera) Riina, Provenzano e decine di boss mafiosi e terroristi, muore in carcere e chiunque deceda un attimo prima che termini di scontare la pena. Infatti ogni anno muoiono in carcere centinaia di detenuti e nessuno dice nulla. Se però c'è di mezzo l'ex numero tre del Sisde, con amici importanti negli apparati, nella politica e nei giornali, il discorso cambia. Eppure, sentenze alla mano, Contrada è peggio di un mafioso: che un mafioso stia dalla parte della mafia, è normale; che un "servitore dello Stato", stipendiato dallo Stato, stia dalla parte della mafia, è o dovrebbe essere un po' meno normale. In questo senso la provocazione di Beppe Grillo è salutare: graziamo piuttosto Renato Vallanzasca, che non ha mai preso lo stipendio dello Stato, non ha mai inscenato piagnistei e marcisce in carcere da trent'anni. Che a chiedere la grazia per Contrada siano i Ferrara e gli Jannuzzi, è naturale: dopo aver ripetuto per una vita che non esistono rapporti fra mafia e politica, fra mafia e istituzioni, salvo che nella mente bacata di certi pm di Palermo, l'idea che un esponente dello Stato vada in carcere per mafia li disturba non poco. Cicchitto e il Giornale, inconsolabili, vorrebbero graziare Contrada per una grottesca par condicio con Ovidio Bompressi (che però uscì dopo 10 anni, non dopo 7 mesi). I tg di regime, quelli che la menano a ogni pie' sospinto con la "certezza della pena", martellano: "Contrada è stato condannato, ma si è sempre proclamato innocente", come se la sua parola valesse quanto la Cassazione, come se le carceri non pullulassero di colpevoli che si proclamano innocenti. Singolare la posizione di Macaluso: trova "sconcertante" il no di Rita Borsellino, "essere sorella di un giudice assassinato non dà titoli per giudicar e ciò che si muove nel mondo della mafia". Infatti qui ha giudicato la Cassazione. Ma, si sa, le sentenze contano solo se assolvono: se condannano non valgono. Tra i pochi commenti di buonsenso c'è questo: "I casi sono due: o Contrada è innocente, e allora va liberato e risarcito; o è colpevole, e allora graziare un servitore dello Stato che tradisce lo Stato e viene condannato per mafia sarebbe un messaggio di speranza per la mafia". Chi parla, purtroppo, non è un ministro o di un leader dell'Unione. E' Carlo Vizzini, Forza Italia.