domenica 2 novembre 2008

L'ultima lettera (scritta il 19-07-1992 ore 05:00)


Scritto da Paolo Borsellino
Sabato 01 Novembre 2008 20:00

Questa è l'ultima è l'ultima lettera di Paolo Borsellino, scritta alle 5 del mattino del 19 Luglio 1992, dodici ore prima che l'esplosione di un'auto carica di tritolo, alle 17 dello stesso giorno, davanti al n.19 di Via D'Amelio, facesse a pezzi lui e i ragazzi della sua scorta.
Paolo si alzava quasi sempre a quell'ora. Con quella sua ironia che riusciva a sdrammatizzare anche la morte, la sua morte annunciata, diceva che lo faceva "per fregare il mondo con due ore di anticipo" e quella mattina cominciò a scrivere una lettera alla preside di un liceo di Padova presso il quale avrebbe dovuto recarsi a Gennaio per un incontro al quale non si era poi recato per una serie di disguidi e per i suoi impegni che non gli davano tregua.

La faida di Palma di Montechiaro che Paolo cita nella lettera la ricordo bene.
A Capodanno dello stesso anno ero con lui ad Andalo, nel Trentino dove avevamo passato insieme il Natale, per la prima volta da quando, nel 1969, ero andato via dalla Sicilia, ed avevamo deciso di ritornare passando per Innsbruck che avevamo entrambi voglia di visitare insieme con le nostre famiglie.
Non fu possibile perchè Paolo ricevette la notizia della strage di mafia che c'era stata a Palma di Montechiaro e dovette rientrare di fretta in Sicilia.
Fu l'ultima volta che vidi Paolo, da allora fino alla strage del 19 luglio ci sentimmo solo qualche volta al telefono e quando, dopo la sua morte, vidi le sue foto successive alla morte di Giovanni Falcone mi sembrò che in poco più di sei mesi fosse invecchiato di 10 anni.
La lettera è da leggere parola per parola, pensando proprio che sono le ultime parole di Paolo.
Quando dice che non riesciva in quei giorni neanche a vedere i suoi figli penso a quello che mi disse mia madre dopo la sua morte: le aveva confidato che non faceva più le coccole a Fiammetta la sua figlia più piccola e che stava cercando di allontanarsi affettivamente dai suoi figli perchè soffrissero di meno nel momento in cui lo avrebbero ucciso.
E che quel giorno lo avrebbero ucciso Paolo lo doveva quasi presagire, sapeva che a Palemo era già arrivato il carico di tritolo per lui. Lo sapeva anche il suo capo, Pietro Giammanco, che non gli aveva però riferito dell'informativa che gli era arrivato a questo proposito e Paolo, che invece lo aveva saputo per caso all'aeroporto dal ministro Scotti, aveva avuto con lui uno scontro violento.
Uno scontro che Paolo ebbe con Giammanco anche la mattina del 19 Luglio, quando quest'ultimo gli telefonò alle 7 del mattino, cosa che fino allora non era mai successa.
Forse anche Giammanco sapeva che quello era l'ultimo giorno di Paolo e per questo gli comunicò che gli aveva finalmente concessa la delega per indagare sui processi di mafia in corso di istruttoria a Palermo. Delega che avrebbe permesso a Paolo di interrogare senza più vincoli il pentito Gaspare Mutolo che in quei giorni aveva cominciato a rivelare le collusioni tra criminalità organizzata, magistratura, forze dell'ordine e servizi segreti.
Racconta la moglie di Paolo che Giammanco gli disse: "Ora la partita è chiusa" e Paolo gli rispose invece urlando "No, la partita comincia adesso".
Dopo quella telefonata Paolo non scrisse più niente sul foglio e la lettera rimase incompiuta sul numero 4), dopo gli altri tre punti nei quali Paolo, rispondendo a delle domande postegli dai ragazzi del liceo, ci da tra l'altro, in maniera estremamente semplice e chiara, come solo lui era in grado di fare, una definizione della mafia che bisognerebbe che tutti conoscessero e che fosse insegnata nelle scuole.
Dieci ore dopo un telecomando azionato da una stanza di un centro dei Servizi Segreti Civili, il SISDE, ubicato sul castello Utveggio, poneva fine alla vita di Paolo ma non riusciva ad ucciderlo, oggi Paolo è più vivo che mai, è vivo dentro ciascuno di noi e il suo sogno non morirà mai.


"Gentilissima" Professoressa,
uso le virgolette perchè le ha usato lei nello scrivermi, non so se per sottolineare qualcosa e "pentito" mi dichiaro dispiaciutissimo per il disappunto che ho causato agli studenti del suo liceo per la mia mancata presenza all'incontro di Venerdì 24 gennaio.
Intanto vorrei assicurarla che non mi sono affatto trincerato dietro un compiacente centralino telefonico (suppongo quello della Procura di Marsala) non foss'altro perchè a quell'epoca ero stato già applicato per quasi tutta la settimana alla Procura della Repubblica presso il Trib. di Palermo, ove poi da pochi giorni mi sono definitivamente insediato come Procuratore Aggiunto.
Se le sue telefonate sono state dirette a Marsala non mi meraviglio che non mi abbia mai trovato. Comunque il mio numero di telefono presso la Procura di Palermo è 091/***963, utenza alla quale rispondo direttamente.
Se ben ricordo, inoltre, in quei giorni mi sono recato per ben due volte a Roma nella stessa settimana e, nell'intervallo, mi sono trattenuto ad Agrigento per le indagini conseguenti alla faida mafiosa di Palma di Montechiaro.
Ricordo sicuramente che nel gennaio scorso il dr. Vento del Pungolo di Trapani mi parlò della vostra iniziativa per assicurarsi la mia disponibilità, che diedi in linea di massima, pur rappresentandogli le tragiche condizioni di lavoro che mi affligevano. Mi preanunciò che sarei stato contattato da un Preside del quale mi fece anche il nome, che non ricordo, e da allora non ho più sentito nessuno.
Il 24 gennaio poi, essendo ritornato ad Agrigento, colà qualcuno mi disse di aver sentito alla radio che quel giorno ero a Padova e mi domandò quale mezzo avessi usato per rientrare in Sicilia tanto repentinamente. Capii che era stato "comunque" preannunciata la mia presenza al Vostro convegno, ma mi creda non ebbi proprio il tempo di dolermene perchè i miei impegni sono tanti e così incalzanti che raramente ci si può occupare di altro.
Spero che la prossima volta Lei sarà così gentile da contattarmi personalmente e non affidarsi ad intermediari di sorta o a telefoni sbagliati..
Oggi non è certo il giorno più adatto per risponderle perchè frattanto la mia città si è di nuovo barbaramente insanguinata ed io non ho tempo da dedicare neanche ai miei figli, che vedo raramente perchè dormono quando esco da casa ed al mio rientro, quasi sempre in ore notturne, li trovo nuovamente addormentati.

Ma è la prima domenica, dopo almeno tre mesi, che mi sono imposto di non lavorare e non ho difficoltà a rispondere, però in modo telegrafico, alle Sue domande.

1) Sono diventato giudice perchè nutrivo grandissima passione per il diritto civile ed entrai in magistratura con l'idea di diventare un civilista, dedito alle ricerche giuridiche e sollevato dalle necessità di inseguire i compensi dei clienti. La magistratura mi appariva la carriera per me più percorribilie per dar sfogo al mio desiderio di ricerca giuridica, non appagabile con la carriera universitaria per la quale occorrevano tempo e santi in paradiso.
Fui fortunato e divenni magistrato nove mesi dopo la laurea (1964) e fino al 1980 mi occupai soprattutto di cause civili, cui dedicavo il meglio di me stesso. E' vero che nel 1975 per rientrare a Palermo, ove ha sempre vissuto la mia famiglia, ero approdato all'Ufficio Istruzione Processi Penali, ma otteni l'applicazione, anche se saltuaria, ad una sezione civile e continuai a dedicarmi soprattutto alle problematiche dei diritti reali, delle dispute legali, delle divisioni erediatarie etc.
Il 4 maggio 1980 uccisero il Capitano Emanuele Basile ed il Comm. Chinnici volle che mi occupassi io dell'istruzione del relativo procedimento. Nel mio stesso ufficio frattanto era approdato, provenendo anche egli dal civile, il mio amico di infanzia Giovani Falcone e sin dall'ora capii che il mio lavoro doveva essere un altro.
Avevo scelto di rimanere in Sicilia ed a questa scelta dovevo dare un senso. I nostri problemi erano quelli dei quali avevo preso ad occuparmi quasi casualmente, ma se amavo questa terra di essi dovevo esclusivamente occuparmi.
Non ho più lasciato questo lavoro e da quel giorno mi occupo pressocchè esclusivamente di criminalità mafiosa. E sono ottimista perchè vedo che verso di essa i giovani, siciliani e no, hano oggi una attenzione ben diversa da quella colpevole indifferenza che io mantenni sino ai quarantanni. Quando questi giovani sarano adulti avranno più forza di reagire di quanto io e la mia generazione ne abbiamo avuta.

2) La DIA è un organismo investigativo formato da elementi dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza e la sua istituzione si propone di realizzare il coordinamento fra queste tre strutture investigative, che fino ad ora, con lodevoli ma scarse eccezioni, hanno agito senza assicurare un reciproco scambio di informazioni ed una auspicabile, razionale divisione dei compiti loro istituzionalmente affidati in modo promiscuo e non codificato.
La DNA invece è una nuova struttura giuridica che tende ad assicurare soprattutto una circolazione delle informazioni fra i vari organi del Pubblico Ministero distribuiti tra le numerose circoscrizioni territoriali.
Sino ad ora questi organi hano agito in assoluta indipendenza ed autonomia l'uno dall'altro (indipendenza ed autonomia che rimangono nonostante la nuova figura del Superprocuratore) ma anche in condizioni di piena separazione, ignorando nella maggior parte dei casi il lavoro e le risultanze investigative e processuali degli altri organi anche confinanti, e senza che vi fosse una struttura sovrapposta delegata ad assicurare il necessario coordinamento e ad intervenire tempestivamente con propri mezzi e proprio personale giudiziario nel caso in cui se ne ravvisi la necessità.

3) La mafia (Cosa Nostra) è una organizzazione criminale, unitaria e verticisticamente strutturata, che si contraddistingue da ogni altra per la sua caratteristica di "territorialità". Essa e suddivisa in "famiglie", collegate tra loro per la comune dipendenza da una direzione comune (Cupola), che tendono ad esercitare sul territorio la stessa sovranità che su esso esercita, deve esercitare, leggittimamente, lo Stato.
Ciò comporta che Cosa Nostra tende ad appropriarsi delle ricchezze che si producono o affluiscono sul territorio principalmente con l'imposizione di tangenti (paragonabili alle esazioni fiscali dello Stato) e con l'accaparramento degli appalti pubblici, fornendo nel contempo una serie di servizi apparenti rassembrabili a quelli di giustizia, ordine pubblico, lavoro etc, che dovrebbero essere forniti esclusivamente dallo Stato.
E' naturalmente una fornitura apparente perchè a somma algebrica zero, nel senso che ogni esigenza di giustizia è soddisfatta dalla mafia mediante una corrispondente ingiustizia. Nel senso che la tutela dalle altre forme di criminalità (storicamente soprattutto dal terrorismo) è fornita attraverso l'imposizione di altra e più grave forma di criminalità. Nel senso che il lavoro è assicurato a taluni (pochi) togliendolo ad altri (molti).
La produzione ed il commercio della droga, che pur hanno fornito Cosa Nostra di mezzi economici prima impensabili, sono accidenti di questo sistema criminale e non necessari alla sua perpetuazione.
Il conflitto inevitabile con lo Stato, con cui Cosa Nostra è in sostanziale concorrenza (hanno lo stesso territorio e si attribuiscono le stesse funzioni) è risolto condizionando lo Stato dall'interno, cioè con le infiltrazioni negli organi pubblici che tendono a condizionare la volontà di questi perchè venga indirizzata verso il soddisfacimento degli interessi mafiosi e non di quelli di tutta la comunità sociale.
Alle altre organizzazioni criminali di tipo mafioso (camorra, "ndrangheta", Sacra Corona Unita etc.) difetta la caratteristica della unitarietà ed esclusività. Sono organizzazioni criminali che agiscono con le stesse caratteristiche di sopraffazione e violenza di Cosa Nostra. ma non hanno l'organizzazione verticistica ed unitaria. Usufruiscono inoltre in forma minore del "consenso" di cui Cosa Nostra si avvale per accreditarsi come istituzione alternativa allo Stato, che tuttavia con gli organi di questo tende a confondersi.

4)

lunedì 27 ottobre 2008

la piccola Casal di Principe

Si parla molto in campania e nei tg di Casal di Principe, un comune nel casertano famoso per il clan camorristico dei casalesi, abbiamo avuto delle informazioni a livello nazionale grazie alle cronache raccontateci dal grande Roberto Saviano, lui racconta come funziona, come viene gestita l'economia del territorio e come gli agganci a volte anche politici e la ferocia di alcuni gruppi del clan la fanno da padrone in questo comune campano.
Leggendo queste cose e guardando gli ultimi fatti avvenuti a nei territori del catanese, non fa che farmi sospettare che qui si sta diventanto sempre più simili alla realtà di Casal di Principe, dall'estorsione del Pizzo dalla gestione economica del terriorio, e dagli appoggi vedo sempre più lo spettro campano alle porte.
Un territorio florido economicamente, con la presenza di molti imprenditori nel campo dell'edilizia e più rozzamente del cemento.
Non siamo per nulla distanti dalla realtà casertana, descritta da Roberto Saviano nel libro gomorra.
Oggi le forze dell'ordine sono poco adatte alla pericolosità criminale del territorio.
Oggi assistiamo all'ennesimo attacco alla libertà imprenditoriale di un uomo, forse solo perchè nn paga il pizzo, e lo stato dov'è ?.
Comunque si spera di poter contare sulle forze dell'ordine e sul buon senso della comunità intera per debellare questo fenomeno, sperando che nn devono essere altri a ribellarsi come successo a casal di principe, dove dopo la strage gli abitanti africani del posto si sono ribellati alla camorra con un corteo, e gli italiani dove stanno? forse dietro le porte a guardare.
SVEGLIA PERFAVORE SVEGLIA.!!!!!!

domenica 26 ottobre 2008

La vita dello Zar siciliano

Raffaele Lombardo la reincarnazione perfetta del clientelismo e della collusione di questi anni di cuffarismo
Chi è Raffaele Lombardo

Laureato in medicina e chirurgia, partecipa alla fine degli anni settanta alla gioventù DC catanese e con la Dc farà carriera all’ombra di Calogero Mannino. Consigliere ed Assessore al Comune di Catania, diventa nel 1986 deputato alla Regione Siciliana e, rieletto nel 1991, diviene assessore regionale agli Enti Locali. Ebbe delle vicissitudini nell’epoca di Tangentopoli, iniziate nel 1992 con un arresto per abuso d’ufficio, e dopo essere stato condannato in primo grado, assolto in appello dallo scandalo giudiziario. Nel 1994 fu coinvolto, e ancora arrestato per corruzione, per lo scandalo dell’appalto dei pasti all’ospedale di Catania, dell’azienda dell’ex presidente dell’Inter Ernesto Pellegrini. Sospeso dalla carica di deputato ai sensi della legge 55/1990 e successive modifiche, dal 22 luglio al 29 settembre 1994.
Nel dicembre 1994 lascia anticipatamente l’Assemblea regionale. Alla fine Pellegrini patteggia ammettendo di avere versato 5 miliardi ad alcuni politici, tra cui Lombardo, ma per i giudici alla fine furono solo un regalo, e il reato derubricato a finanziamento illecito ai partiti, e quindi prescritto.
Lombardo allora torna in politica e diventa europarlamentare nel 1999 nel Centro Cristiano Democratico, vicesindaco di Catania nel 2000 ed eletto presidente della provincia di Catania nel 2003. Nel 2004 viene riconfermato europarlamentare, dopo le dimissioni di Salvatore Cuffaro, nell’UDC, partito del quale è segretario regionale fino al 2005.

Le tecniche imprenditoriali Lombardiane

01/10/2008 Catania

Se Pubbliservizi
è partecipata dalla Sac Robi Pierre


Leggiamo su La Sicilia che l’Avv. Gitto, presidente di Pubbliservizi S.p.A., la società di servizi della Provincia voluta nel 2006 da Lombardo nella prospettiva di “mangiarsi” Multiservizi S.p.A., parlando dello sciopero dei pulizieri dell’aeroporto di Catania – tutti dipendenti di Pubbliservizi – ha dichiarato:

- peggio per la SAC che ha tolto il servizio di pulizia dello scalo a Pubbliservizi, concesso dal vecchio CdA, composto anche da Lombardo e dai suoi fedelissimi, con una scandalosa procedura di affidamento senza gara.

- prenda esempio la SAC, che ha voluto a tutti i costi (spinta da pressanti indagini giudiziarie n.d.r.) bandire una regolare gara d’appalto, da Pubbliservizi S.p.A.: bilanci in attivo, super manager, fatturato in crescita…

- impari a fare impresa da Pubbliservizi S.p.A. che ha… due soli clienti la Provincia e l’Istituto Musicale Bellini.

Dalla autocelebrativa dichiarazione emerge, tuttavia, un dato singolare: Pubbliservizi S.p.A. opera in regime di monopolio per due soli clienti ed applica tariffe prive di riscontri con la concorrenza; ed ha avuto anche il molto discutibile "cadeau" della pulizia dell’aeroporto con un misterioso affidamento in house, essendo la SAC partecipata della Provincia di Catania solo in minima parte.

Ma il Dito è in grado di svelarvi l’arcano: Pubbliservizi S.p.A. è partecipata non solo della Provincia di Catania e dell’Istituto Bellini (musica e pulizia sono, notoriamente, un binomio inscindibile), ma anche, udite udite, della SAC (!?!) che ne possiede il 5% per la modica cifra di € 50.000.

E’ da ritenere che ai tempi della gestione Ridolfo, con Lombardo e l’Avv. D’Urso (fedelissimo di Lombardo per definizione) nel CdA, la SAC ha acquistato la detta partecipazione in Pubbliservizi S.p.A.

Così si è tentato di giustificare il mancato appalto della pulizia dell’aeroporto.
L’Avv. Gitto, il famoso manager delle società con un solo cliente e con gli sgravi contributivi permanenti, ha perso una buona occasione per sorvolare e far finta di niente.

A questo punto vorremmo sapere dall’On. Castiglione, neopresidente della provincia, impegnatissimo in tagli di nastri, sagre, strette di mano e granite al pistacchio, come intende comportarsi nei confronti dei pesanti oneri per servizi che, se messi in gara, costerebbero la metà.

E vorremmo sapere cosa ne pensano in Procura su queste indagini che si presentano particolarmente “lunghe e complesse”, e cosa ne pensa l’On. Riggio del mancato appalto della pulizia dell’aeroporto e dell’acquisto della quota di Pubbliservizi S.p.A. da parte della SAC.
Aspettiamo risposte.

All’Avv. Gitto un consiglio amichevole: si impegni maggiormente nella pallavolo… gli è certamente più congeniale e ci piace di più l'idea che Catania torni, almeno lì, ai suoi antichi fasti.



Catania, Pubbliservizi assumerà 330 precari
Un contratto per 330 persone e una risposta concreta ai problemi dell'occupazione. Queste le previsioni emerse dall'incontro, presso il centro direzionale Novaluce di Catania, tra l'assessore della provincia di Catania alle Politiche attive del Lavoro, Pippo Greco, e una delegazione della Fisascat-Cisl per l'avvio della società Pubbliservizi. Questi i punti in discussione: avviare un dialogo tra le parti, individuare la tipologia di contratto da applicare, il numero di ore di lavoro da fissare e quello delle persone da impiegare. “Economicità e efficienza: queste sono le parole d'ordine che dovranno contraddistinguere la Pubbliservizi - ha sottolineato Greco - che sarà snella e assorbirà le unità lavorative attualmente in situazioni di precariato e impiegate nelle società private a cui la provincia affida i propri servizi”. Per la tipologia contrattuale, il segretario generale della Fisascat, Tony Fiorenza, ha parlato di un “contratto del terziario” e di “almeno 330 unità da assorbire”.
09/01/2006

Ma se il 49 % della società è del comune di catania, con un debito enorme in bilancio e un altro enorme fuori bilancio come fa ad ottemperare agli stipendi di questi signori perchè cmq una parte dei soldi dovrà pure metterla. Domande con risposte mah e chi lo sa.

mercoledì 22 ottobre 2008

Lombardo e la presa del potere



- Dal Corriere della Sera del 26 febbraio -

CATANIA - Una delle creature di Raffaele Lombardo cresciute più in fretta si chiama «Pubbliservizi», società di servizi il cui principale committente è proprio la provincia di Catania. Nata nel 2005 si è fatta grande in poco tempo: ha 500 dipendenti e costa al bilancio provinciale 15 milioni di euro. Dentro c’è un esercito di guardiani, giardinieri, custodi e addetti alle pulizie: molti sono ex lavoratori di cooperative transitate sotto l’ombrello della provincia, altri sono stati assunti per chiamata diretta. Un modo semplice per assumere a tempo indeterminato personale che si considera a tutti gli effetti dipendente della provincia senza dover espletare concorsi e osservare blocchi alle assunzioni. Andando avanti così quella che molti chiamano «la provincia due» si avvia a contendere il primato di dipendenti alla «provincia uno» con i suoi 760 assunti. E Lombardo qualche settimana fa ha pure bandito i concorsi per assumere altro personale. La «Pubbliservizi» è solo un tassello del sistema su cui l’erede di Cuffaro ha costruito la sua forza elettorale. Per il resto è una corsa continua ad occupare posti di comando da trasformare in moltiplicatori di consensi. Raffaele, come lo chiamano tutti, entra ovunque ci sia da spartire incarichi buoni per controllare «clienti» e posti di lavoro. A Catania è ormai l’ asso pigliatutto. All’aeroporto la «Sac Service» è guidata dal fido Orazio D’Antoni. L’autorità portuale ufficialmente è guidata da un uomo di An, Santo Castiglione, che risponde più a lui che al suo partito. Nulla sfugge al controllo di Lombardo: dalle municipalizzate alle nomine nei due principali enti culturali, Stabile e Bellini, fino alle presidenze delle neonate società di raccolta dei rifiuti. Con l’«Ato Ambiente» e «Ato Ionica», per esempio, ha accontentato Mimmo Calvagno e Mario Zappia, transitati all’Mpa dalla Margherita. Ma se c’è un settore in cui Raffaele si segnala è la sanità. Il direttore dell’Asl è un amico della prima ora, Antonio Scavone, mentre le quattro aziende ospedaliere cittadine le ha dovute dividere con l’azzurro Pino Firrarello. Così a Catania i primari devono avere il placet di Lombardo o Firrarello. E tutti, compresi esponenti del centrosinistra, non sanno resistere al fascino del potere di Lombardo. Più che ai tempi del viceré andreottiano Nino Drago. Ne sa qualcosa il presidente degli industriali Fabio Scaccia che, forte dell’indicazione del ministro Bianchi, pensava di essere già il nuovo presidente dell’autorità portuale. Fino a quando (lo ha raccontato in un’assemblea) non gli è stato consigliato: «Lascia stare Bianchi. Ci parlasti cu Raffaele?». Persino il tanto bastonato Scapagnini è stato nell’ ultimo periodo un sindaco commissariato. Basti dire che Catania è l’unica città d’ Italia dove il capo del personale, il ragioniere generale e l’ingegnere capo lavorano sia alla provincia che al comune. E nel suo esercito Lombardo ha arruolato di tutto: ex missini, ex verdi, ex comunisti. L’ importante è che portino voti. Con Raffaele si lavora secondo uno schema che ricorda i sistemi di vendita multilevel (per capirci quelli delle pentole o delle scope elettriche). Diventi capo area se fai un fatturato cento, vieni promosso capo-zona se lo porti a mille. E così via in una continua corsa al rialzo sotto le bandiere dell’autonomia.

Nicola Cosentino, Forza Italia e la Camorra, patto per un disastro ambientale


Di Annalisa (del 14/09/2008 @ 18:31:10, in Anti-mafia,



Nicola Cosentino; E’ bene ripeterlo questo nome. Egli viene citato nelle confessioni di Gaetano Vassallo, l’imprenditore legato sia alla Camorra che a Forza Italia e che, con complicità e appoggi di vario tipo e di vario livello, ha di fatto “avvelenato” una regione, la Campania per 20 lunghissimi anni, dal 1987 al 2008. Confessioni raccolte dai due giornalisti de l’Espresso Gianluca Di Feo ed Emiliano Fittipaldi, e pubblicate sul numero in edicola del settimanale.

E’ bene ricordare anche che Nicola Cosentino, già cocordinatore regionale di Forza Italia in Campania, è attualmente sottosegretario di Stato all’ Economia e alle Finanze nel Governo di Silvio Berlusconi.
Tra le complicità e gli appoggi denunciati da Gaetano Vassallo a livello politico spiccava proprio quella di Nicola Cosentino, che avrebbe svolto la funzione di controllore della società ECO4 dei fratelli Orsi, Sergio e Michele.

Michele, il “Salvo Lima della Camorra”, come lo ha definito Roberto Saviano, fu ucciso a Casal di Principe a giugno, pochi giorni dopo aver preso la decisione di raccontare ai magistrati della direzione distrettuale Antimanfia tutto quello che sapeva sullo smaltimento dei rifiuti e sulle connivenze tra politica e mafia nella zona di Mondragone, dopo quanto già raccontato in precedenza e che costituiva parte integrante di un’inchiesta che aveva già prodotto arresti eccellenti. Politica e mafia. Cosentino e la Mafia. Una relazione che ricorre spesso, anche nella confessione di Gaetano Vassallo, egli stesso tesserato di Forza Italia, che racconta di come lo stesso Cosentino abbia ricevuto una volta una busta con una tangente di 50mila euro da parte di Sergio Orsi. E di come il boss Berando Cirillo, in un’altra occasione avesse parlato di Cosentino come uno dei “rappresentanti del Clan Bidognetti” da appoggiare in occasione della sua candidatura alla provincia negli anni ’80. L’ordine di organizzargli un incontro elettorale veniva proprio da Francesco Bidognetti, “lo zio”, condannato all’ergastolo nel processo Spartacus.

Successivamente Cosentino, pedina politica nelle mani della Camorra, dovette adeguarsi alle scelte strategiche, volte per lo più al controllo territoriale, che venivano fatte dai clan dall’alto e quindi fu costretto ad “avvantaggiare solo il gruppo Schiavone” al posto di quello dei Bidognetti, nel grande affare della spazzatura, come denuncia ancora Vassallo.
C’è da dire che sia Nicola Cosentino che Sergio Orsi, (attualmente sotto protezione dopo l’omicidio del fratello al quale però era stata negata la scorta) hanno smentito in due dichiarazioni separate i fatti raccontati dal Vassallo. Nicola Cosentino ha detto che si dimetterà soltanto se la magistratura accerterà che egli abbia commesso realmente i reati dei quali è accusato. Parole non nuove in Italia. Intanto potrebbe continuare a fare il politico per anni.
Ma ci sono troppe coincidenze e particolari che non possono non far sorgere dubbi. In primo luogo l’omicidio di Michele Orsi e il mistero della sua scorta negata. Le prime dichiarazioni di Orsi hanno permesso l’inchiesta che poi condusse in carcere il presidente del consorzio Ce4, Giuseppe Valente e alcuni consiglieri comunali di Mondragone e nella quale compariva come indagato lo stesso sindaco di Mondragone Ugo Conte, e un deputato di AN Mario Landolfi, nome che appare anche nelle dichiarazioni di Gaetano Vassallo (Qui il dossier della Guardia di Finanza).
Poi la stessa perquisizione effettuata nelle abitazioni dei due giornalisti autori dell'inchiesta e nella sede de l’Espresso dalla Guardia di Finanza, dopo la pubblicazione del dossier, perquisizione che la redazione del settimanale ha giudicato come una “minaccia alla libertà di stampa e una violazione palese della recente sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, che sancisce la tutela del diritto di cronaca e di critica”.

Intanto non era un mistero per nessuno che nel casertano la spazzatura fosse diventata un affare di primo livello al quale, chi più, chi meno partecipava. La confessione di Vassallo, al di là dei nomi (alcuni dei quali come quello di Cosentino meritevoli di memoria) e dei fatti, va letta soprattutto per capire come e chi in 20 anni hanno trasformato la regione Campania non solo in un enorme discarica a cielo aperto ma soprattutto in un deposito di veleni e sostanze chimiche pericolosissime, sopra le quali sono state versati cumuli e cumuli di rifiuti, legalmente e non.

Esiste il reato di disastro ambientale nel nostro paese che però non rende giustizia né al territorio né alle vittime inconsapevoli che lo abitano e che chissà quali conseguenze hanno subito, subiscono e subiranno sulla loro salute da un tale sistematico, criminale e continuativo avvelenamento di aria, acqua e suolo. Si tratta di un crimine ignobile perpetrato ai danni di una popolazione, che per troppo tempo è stato vittima di politici corrotti, malviventi, imprenditori del Nord, e affaristi senza scrupoli. Una popolazione che quando decide di alzare la testa e protestare, come sta facendo in questi mesi, viene intimorito con l’esercito per le strade da quello stesso governo che localmente Nicola Cosentino rappresenta.
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sabato 19 luglio 2008

MAFIA, 16 ANNI FA LA STRAGE DI VIA D'AMELIO


La vedova del giudice Borsellino: ''Non dimenticate Paolo''. Il messaggio del presidente Napolitano: ''Borsellino ci ha lasciato una grande eredità morale''. A Palermo, per la commemorazione, anche il presidente del Senato Schifani e i ministri Alfano e La Russa.



Palermo, 19 lug. - ''Non dimenticate Paolo''. Parla così Agnese Borsellino, nel giorno del 16° anniversario della strage di via D'Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina.

Un appello che non cade nel vuoto. Di ''doveroso riconoscimento'' parla, nel messaggio inviato questa mattina alla vedova Agnese Borsellino, il
presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. ''Ricordare tutti coloro che hanno pagato con il sacrificio della vita i servigi resi alle istituzioni contribuisce in modo determinante a diffondere la cultura della legalità contro ogni forma di violenza e sopraffazione - scrive il Capo dello Stato - Le iniziative e la mobilitazione delle forze sane della società e in particolar modo delle generazioni più giovani testimoniano la funzione rigeneratrice dell'esempio e dell'eredità morale che Paolo Borsellino ci ha lasciato''.

''Non dimenticheremo né suo marito, né quelli che hanno fatto del male a lui, alla sua famiglia e a tutta la Sicilia'' ha detto, rivolto alla vedova Borsellino, il
ministro della Giustizia Angelino Alfano, oggi sul luogo della strage. Il guardasigilli ha voluto sottolineare che ''oggi è un giorno di dolore, ma anche di speranza''. ''Cinquantasette giorni fa, quando abbiamo commemorato Giovanni Falcone - ha aggiunto -, il governo aveva approvato misure importanti per la sicurezza e di forze contrasto alla criminalità. Oggi, quelle misure sono state rafforzate dal Parlamento e sono diventate leggi dello Stato. Questo è un segnale di speranza e significa che lo Stato reagisce''.

''Ricordare Borsellino non solo è doveroso, ma è anche un motivo per riflettere e fortificare il nostro amore per la libertà e la democrazia'' ha sottolineato il
ministro della Difesa Ignazio La Russa, anche lui oggi a Palermo. ''Credo che il miglior modo per ricordare Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e tutti i caduti della mafia sia la risposta che la Sicilia sta dando in questi ultimi tempi'' ha aggiunto il presidente del Senato Renato Schifani, il quale ha però voluto ricordare ''che la mafia non è ancora vinta'' e che ''non bisogna mai abbassare il livello di guardia''.

Di ''esempio luminoso di italianità e di servizio allo Stato testimoniati fino all'estrema ed eroica coerenza'' ha parlato il
presidente della Camera Gianfranco Fini. ''La lezione di Borsellino - sottolinea - è la lezione della legalità, del coraggio, del senso del dovere e dell'amore per il proprio Paese e per la propria gente''. ''La piena e completa condivisione dei valori che persone come Paolo Borsellino ci hanno lasciato in eredità - ha detto il segretario del Pd Walter Veltroni - rappresenta l'unico vero cammino attraverso il quale il nostro Paese può trovare la forza e la capacità per sconfiggere una volta per tutte la mafia criminale e le sue ramificazioni''.

E di lotta alla mafia parla anche
Rita Borsellino, sorella del giudice ucciso. ''Non è più il tempo del solo ricordo e dei minuti di silenzio - sottolinea - E' il tempo di gridare con forza. Perché noi vogliamo verità e giustizia, sperando che la magistratura possa svolgere il proprio lavoro senza che i magistrati siano uccisi o crocifissi ogni giorno''.

Stasera, a partire dalle 20.30, una fiaccolata promossa da Azione Giovani e alla quale parteciperà il ministro per le Politiche giovanili Giorgia Meloni, partirà da piazza Vittorio Veneto per arrivare in via D'Amelio.




Fonte adnkronos

giovedì 8 maggio 2008

AIUTIAMO PINO MASCIARI, LA MAFIA LO VUOLE MORTO


AIUTIAMO QUEST'UOMO A NN RIMANERE SOLO CONTRO LA MAFIA.

Dobbiamo squarciare il muro di silenzio, indifferenza e isolamento, che avvolge quanti combattono contro le mafie a rischio della propria vita, in uno Stato che nelle sue alte sfere non ha mai voluto sconfiggerle...
Nella nostra Italia abbiamo agenti dei reparti investigativi e magistrati, che rischiano la vita, estremamente determinati e preparati, a cui però è stato reso praticamente impossibile lavorare con le diverse leggi approvate negli anni trascorsi e con i tagli delle spese. Abbiamo anche una "società responsabile" diffusa che, come dice don Luigi Ciotti, si sporca le mani nella lotta, concreta, quotidiana, senza equilibrismi, alle organizzazioni mafiose ed alla "zona grigia" che la protegge e la nutre. Ma questo, tutto questo, non basta, perché c'è chi - quella "zona grigia" fatta di connivenze, contiguità e quindi complicità - sta con gli uomini di Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorre.


Pino Masciari, testimone di giustizia. Imprenditore calabrese, che ha denunciato le cosche della ‘ndrangheta e quel sistema politico-mafioso-massonico-istituzionale che piega quella sua terra, che piegava la sua libertà di cittadino e imprenditore. Ora è tornato in Calabria per protesta, mentre sua moglie ed i bambini sono invece ancora nella sede "protetta". Sono bersagli mobili. Pino ha chiesto una soluzione, ha chiesto una scorta adeguata per lui e la sua famiglia, ha chiesto di poter riprendere a "vivere" di poter tornare, con sua moglie, a lavorare. Lo Stato tace, è assente, propone solo una "proroga del sistema di protezione", ossia nessuna protezione ed una museruola, un guinzaglio, che impedisce ogni libertà di movimento come di parola. Sono e dovrebbero continuare ad essere dei "carcerati" sotto tiro, per aver denunciato i delitti di cui sono stati vittime! Assurdo, ma vero.



Per questo vi chiediamo di fare la vostra parte. Ad esempio mandando fax ed e-mail al Ministero degli Interni ed al Quirinale, perché si muovano, e si muovano nella direzione giusta. Sono vivi, sono cittadini che hanno avuto coraggio, che hanno vinto la paura per il bene di tutti noi. Non aspettiamo che siano dei nuovi "eroi morti" per muoverci. Per favore, muoviamoci adesso.


Per scrivere al Ministero degli Interni - Ufficio di Gabinetto del Ministro:
fax 06485957 - e-mail sandra.guidi@interno.itIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo

Per scrivere al Presidente della Repubblica:
https://servizi.quirinale.it/webmail




Testo da inviare al Ministro ed al Quirinale:
"Signor Presidente della Repubblica e signor Ministro,
Pino Masciari e la sua famiglia hanno diritto, il sacrosanto diritto, di avere una vera tutela ed una scorta, lo Stato non può voltarsi dall'altra parte! Chi aiuta lo Stato a sconfiggere le mafie non può essere abbandonato, non deve essere un "recluso", deve poter vivere, deve poter far assaporare il fresco profumo della libertà ai suoi figli!"



PS
Stanno per uscire dal carcere per scadenza dei termini di custodia cautelare gli esponenti della mafia albanese che controllava la tratta e lo sfruttamento della prostituzione nel Tigullio - Genova. Uomini spietati. La squadra investigativa che era riuscita a portarli alla sbarra e garantire l'incolumità dei testimoni, è stata - dall'ex capo della Squadra Mobile di Genova, da poco trasferito in altra sede - smembrata. Anche qui: ci muoviamo o aspettiamo la vendetta?




mercoledì 7 maggio 2008



L'associazione l'impulso di Acireale, con la nostra collaborazione organizza, per giorno 22 maggio alle 18:30 presso il chiostro dell'ex Gulli e Pennisi di Acireale, un incontro dibattito sulla questione lotta alla mafia, sperando nella viva partecipazione della cittadinanza e delle componenti istituzionali della città stessa e nn solo di Acireale, anche dei comuni limitrofi, per cominciare a far si che un problema così grave che colpisce ormai da secoli la nostra bellissima terra, sia discusso e abbia dei momenti di riflessioni di noi tutti, giovani, meno giovani, anziani, i rappresentanti politici che ci devono tutelare e devono tutelare le istituzioni dalle infiltrazione mafiose e trovare quelle soluzioni da mettere in atto per far si che la mafia sia solo un brutto ricordo.

L'nvito è rivolto a tutti.


SPERO CHE CI SIA UNA GRANDE PARTECIPAZIONE DI PUBBLICO.


EVVIVA LA LOTTA ALLA MAFIA

CAMBIEREMO MAI?




L'amico di Brusca va in Senato


Scritto da Benny Calasanzio Borsellino
lunedì 05 maggio 2008
Cintola & Brusca, amici for ever




























Voi, oh gente italica, che con cotanto disprezzo guardate a noi poveri terroni, che per i nostri modi, per il nostro vivere felice e clientelare, vi risultiamo insopportabili. Pensavate che vi regalassimo solo Totò Cuffaro in Senato? Solo un colluso con singoli mafiosi? Illusi.
Noi le cose le facciamo bene e fino in fondo. O non le facciamo. Voi sapete che gli eletti siciliani dell'Udc al Senato sono in tre; la Sicilia è infatti l'unica regione dell'universo in cui l'Udc ha raggiunto il quorum. Tre: Totò il condannato, D'Alia e Antinoro. Ma forse non sapete che Antinoro era candidato anche all'Assemblea Regionale Siciliana. E forse non sapete che opterà proprio per la Sicilia, lasciando vacante il seggio al Senato. E sapete chi lo sostituirà? Il quarto classificato...
Chi è? Avete presente chi è Giovanni Brusca? Gli amici lo chiamavano il Porco, o lo Scannacristiani. Provate ad immaginare il perchè. Noi lo chiamamo semplicemente il mostro. E vi assicuro che siamo gentili. Ha commesso più di 150 delitti, tra i quali quello del 15enne Di Matteo, figlio di un pentito. Strangolato e poi sciolto nell'acido dopo il suo ordine. "Centocinquanta omicidi, ma meno di duecento", ci tiene a precisare. Il Porco è anche colui che materialmente riempì di tritolo il tunnel sotto l'autostrada di Capaci e che poi premette il telecomando, uccidendo Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro. Ecco. Quest'uomo si dichiara migliore amico di Salvatore Cintola, del senatore Salvatore Cintola, nostro secondo regalo al Senato. E' lui che sostituirà Antinoro. "Minchia" direte. E ancora non sapete tutto. Nel 2006 fu eletto grazie ai voti degli uomini d'onore di Altofonte, a quanto risulta da alcune intercettazioni. Assessore regionale al Bilancio del primo governo Cuffaro, indagato per concorso in associazione mafiosa, finito sul registro degli indagati per un totale di 4 volte in 15 anni. Indagato anche in un'inchiesta per riciclaggio della Procura di Palermo, dopo le prime due archiviazioni, le indagini erano state riaperte grazie alle dichiarazioni del donna-boss pentita Giusy Vitale. Cintola, che solo per la faccia che ha meriterebbe di essere sorvegliato a vista, fu coinvolto ed ebbe un ruolo di primo piano nel progetto di Leoluca Bagarella, cognato di Riina, che voleva realizzare il partito di Cosa Nostra, Sicilia Libera. Per quanto riguarda l'indagine per concorso esterno a Cosa Nostra, Cintola venne indagato perchè secondo gli inquirenti, era consapevole della manovra tentata nel 2004 per neutralizzare la deposizione del pentito Angelo Siino, nel processo su mafia e appalti (denominato 'Trash'), da uno degli imputati di spicco, l'imprenditore Romano Tronci, poi condannato a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. I militari scoprirono che, tra la primavera e l'estate di quell'anno, Tronci, manager dell'impresa De Bartoloneis, si era attivato per "affievolire" la deposizione del teste-chiave nel processo Trash. Insieme, Tronci, Lapis e il nostro Cintola si recarono a Partinico in casa dell'imprenditrice Antonina Bertolino, cognata di Siino, per avvicinare il pentito. La donna ha dichiarato di essersi rifiutata di aiutarli e di non aver riferito nulla al pentito. Scrivono i giudici che dal dibattimento "emerge chiaramente come il profilo di consapevolezza di Cintola sia ben superiore a quanto da lui stesso rappresentato nel processo". Di Cintola in Sicilia si parla tanto, ne parlano anche i pentiti Antonino Calvaruso, Balduccio Di Maggio, Mario Santo Di Matteo e Tullio Cannella. Non disperate. Questo uomo non è più solo siciliano. Ora è un senatore.



martedì 15 aprile 2008

ELEZIONI SICILIANE 2008

CAMBIA POCO DA CUFFARO......LOMBARDO PRESIDENTE
(ora invece dei cannoli mangeremo iris, pensate sia cambiato qualcosa?)

Ieri alle ore 23.30 già si era capito chi doveva essere il nuovo Presidente della Regione Sicilia, certo non è un risultato che a me personalmente soddisfa, dato il personaggio un pò autonomista e un pò centralista ( nel senso che cerca di avere tutto il potere nelle sue mani, in modo di poter controllare tutto), spero che chi siede all'Ars nn si faccia intimidire da quest'uomo e che faccia battaglia e che porti avanti certi ideali come l'antimafia, oggi questi sono importantissimi se non vitali per l'intera isola, Lombardo dice che combatterà la mafia con ogni forza, bene staremo a vedere, saremo vigili in tutto e per tutto, chi sta all'Ars deve saper che i cittadini da oggi sapranno, saranno informati sta iniziando un cambiamento civile in questa regione quindi i deputati sono avvertiti, chi vuole il bene di questa terra deve scherarsi contro la mafia in maniera netta.

VEDREMO!!!!! SIAMO QUI PER INFORMARE IL CITTADINO!!!!

Certo che la prima cosa che risalta agli occhi è la candidatura di un membro di una famiglia abbastanza conosciuta sul terriotio, al quale voci abbastanza informate mi dicono che fa parte di ambienti strani, ambienti conosciuti ai più.

COMUNQUE SIAMO QUI PER INDAGARE NN CI FERMEREMO DAVANTI A NULLA!!!

VI INFORMEREMO!!!!






Sebastian Zappulla

venerdì 21 marzo 2008

RIUNIONE GENERALE


Dopo alcuni piccoli dettagli resi presenti nelle varie riunioni fatte dal gruppo, giorno 4 aprile inizieremo a discutere di tesseramento, direttivo, programma delle attività e delle varie novità in corso d'opera, quindi invito tutti gli interessati a partecipare il luogo sarà presto stabilito vi farò sapere con un messaggio sul blog.
Vi aspetto tutti il 4 aprile alle ore 21.








Sebastian Zappulla

martedì 4 marzo 2008

IL GRUPPO INIZIA: OGGI PRIMA RIUNIONE GENERALE


Ci siamo, oggi ci sarà la prima riunione generale, dove si parlerà delle idee, dei programmi da mettere in atto e del materiale che abbiamo a disposizione e di quello che potremmo avere in futuro.
Oggi delineeremo le linee guida della nostra associazione, siamo entusiasti e con tanta voglia di iniziare un progetto comune di legalità, siamo fiduciosi che qualcosa possa cambiare e che noi stessi potremmo cambiare, basta creare una sinergia tra noi e la società civile, quindi il grido è

CREDERCI !!! CREDERCI !!! CREDERCI !!!.


Io come responsabile di questo stupendo gruppo nn posso che augurare un grosso in bocca al lupo e un buon lavoro a tutti noi.


VIVA L'ANTIMAFIA EVVIVA LA LEGALITà.
PER CHI CI HA CREDUTO PRIMA DI NOI E PER CHI CI CREDERà ANCHE DOPO.






SEBASTIAN ZAPPULLA

sabato 1 marzo 2008

Mafia: condannato ex assessore Udc

Per il deputato regionale Vincenzo Lo Giudice 16 anni e 8 mesi per associazione mafiosa


AGRIGENTO - L'ex assessore e deputato regionale dell'Udc Vincenzo Lo Giudice è stato condannato dal Tribunale di Agrigento a 16 anni e otto mesi di reclusione al termine del processo scaturito dall'operazione antimafia denominata «Alta Mafia». L'ex politico era imputato di associazione mafiosa.

Vincenzo Lo Giudice (Ansa)
Per Lo Giudice l'accusa aveva chiesto 18 anni. Con lui sono stati condannati anche il presunto capomafia di Canicattì Calogero Di Caro, l'ex sindaco Ds di Canicattì Antonio Scrimali, il figlio di Vincenzo Lo Giudice, Calogero Lo Giudice, ex presidente del Consiglio provinciale di Agrigento e l'ex consigliere provinciale Udc ed ex capo del Genio civile di Caltanissetta Calogero Iacono.










FONTE ANSA

giovedì 28 febbraio 2008

MA IN CHE STATO VIVIAMO?


ITALIA PATRIA DELLE INGIUSTIZIE

La Cassazione lascia che un condannato per mafia vada così fuori dal carcere, e magari un poveretto che ha fatto qualche marachella da stupido, si lascia marcire in carcere.
Certo nn ci aspettiamo che questi condannati magari gli si tolga il diritto di guardare italia uno, ma che si tolga un diritto supremo ad un cittadino, cioè la sicurezza di poter vivere la vita senza ritrovarsi queste persone per strada è una VERGOGNA!!!!.
Ora nn vorrei essere cattivo nei confronti di questi signori ma vorremmo che ci spiegassero perchè questo personaggio di cui ci saremo fatti ammeno di un processo magari per sapere se è o nn è mafioso, però è stato liberato, loro dicono decorrenza dei termini, però guardando bene si nota che quest'uomo è stato prima condannato in primo grado per 14 anni e 6 mesi quindi già ha avuto una condanna in primo grado e nn è stato un procedimento in cui ancora mancavano le prove, poi però in appello era stata ridotta a 11 anni e 8 mesi, però grazie all'intervento della corte di cassazione, viene annullata la condanna per estorsione e senza rinvio, e con rinvio quella per associazione mafiosa, il processo era tornato davanti ad un'altra sezione della corte d'appello di Palermo che aveva condannato nuovamente Riina per l'associazione mafiosa a 8 anni e 10 mesi.
Ora qualcuno mi vuole spiegare o ci vuole spiegare perchè tutto sto trambusto se stiamo parlando del figlio di Totò Riina? nn so se per legge è così che si scarcera un figlio di un mafioso con processi in cui è stato sempre condannato, però il problema è che o si è fatto di tutto da parte della cassazione sotto pressioni sospette e oscure per portare il processo in questi termini e quindi la cassazione ha le sue belle colpe, o cè un problema di tipo giudiziario qui nn funziona proprio la legge, cioè la legge assicura l'impunità a queste persone.
D'altronde siamo Italiani, nn mi stupisco più.






SEBASTIAN ZAPPULLA

CASSAZIONE: COME SCARCERARE UN MAFIOSO


PALERMO - Giuseppe Salvatore Riina - figlio dell'ex boss di Corleone Toto' Riina - è uscito dal carcere di Sulmona. La Corte di Cassazione ha disposto la sua scarcerazione, per scadenza dei termini. Il giovane al momento dell'uscita dalla struttura indossava jeans neri, una felpa rosa e un giubbotto senza maniche Moncler ed era atteso da una Mercedes nera parcheggiata davanti all'ingresso del carcere.

Giuseppe Salvatore Riina è stato arrestato nel 2002. Accusato di associazione mafiosa ed estorsione era stato condannato in primo grado a 14 anni e 6 mesi. In appello la pena era stata ridotta a 11 anni e 8 mesi. La Corte di cassazione, però, aveva annullato senza rinvio la condanna per estorsione e con rinvio quella per associazione mafiosa. Il processo era tornato davanti ad un'altra sezione della corte d'appello di Palermo che aveva condannato nuovamente Riina per l'associazione mafiosa a 8 anni e 10 mesi. I legali, intanto, avevano fatto ricorso al tribunale del riesame di Palermo contro la custodia cautelare in carcere del terzogenito del capomafia di Corleone, sostenendo che nel frattempo erano decorsi i termini di carcerazione. I giudici della libertà l'avevano respinto. I difensori si sono rivolti a questo punto alla Cassazione "che - ha detto l'avvocato Cianferoni - ha annullato la misura senza rinvio, disponendo la liberazione immediata di Riina".


SCARCERAZIONE ARRIVA DOPO COMPLESSO ITER PROCESSUALE
E' complesso l'iter processuale che si è concluso con l'ordinanza, firmata ieri sera, con cuila corte di Cassazione ha scarcerato Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss di Corleone. La Suprema Corte si è pronunciata, annullandolo senza rinvio, su un provvedimento del tribunale del riesame di Palermo che confermava il carcere per il terzogenito del capomafia, respingendo il ricorso del suo legale, l'avvocato Luca Cianferoni. Dopo l'annullamento, da parte degli Ermellini, della prima sentenza di condanna d'appello a carico di Riina jr, il processo a carico del giovane rampollo di Corleone è tornato ai giudici di secondo grado che l'hanno nuovamente condannato per associazione mafiosa a 8 anni e 10 mesi, confermando anche la custodia cautelare in carcere. Il legale dell'imputato ha fatto ricorso al tribunale del riesame contro la conferma del carcere in appello, sostenendo che i termini di custodia fossero scaduti. Il tribunale del riesame l'ha respinta. Da qui il ricorso in Cassazione che, secondo le prime ricostruzioni, avrebbe aderito all'orientamento giurisprudenziale sul calcolo dei termini di custodia più favorevole al detenuto.


FONTE ANSA

sabato 23 febbraio 2008

LOMBARDO O FINOCCHIARO ? LA STORIA NN CAMBIA




Pensavo che con il dopo Cuffaro si potesse realizzare un cambiamento dal punto di vista politico in questa terra, ma forse è stata tutta un illusione.
Vedo movimenti strani da parte del centro destra con la candidatura di lombardo vecchio lupo della politica catanese, come tutti sapranno politica molto clientelare come quella mastelliana se non peggio addirittura, certo essere stato eletto successore da parte di Cuffaro con esternazioni di stima che hanno dell'incredibbile fanno solo ridere e vomitare nello stesso tempo, se lo dice Cuffaro che lombardo è ottimo per rivestire quello che lui ha rivestito per anni con il risultato di essere stato giudicato mafioso dalla magistratura, quindi possiamo stare tranquilli.
Comunque la mia speranza resta quella che nn si vada ad una candidatura del genere, si può sempre vedere all'interno ci saranno persone migliori persone che nn hanno niente di losco.
Dall'altra parte la sinistra ha perso un treno importante quello che portava alla candidatura di Crocetta una persona che da anni si batte contro la mafia, certo si poteva fare qualcosa anche per la candidatura della Borsellino sicuramente dava molto più spazio ad una idea di legalità e di cultura antimafia, e poi arriva quella della Finocchiaro, oddio nn penso sia una persona del tutto pulita o nn è del tutto chiara la sua posizione un pò ambigua, dato che abbiamo saputo dei suoi trascorsi all'interno dello studio dell'avvocato lipera, lo stesso avvocato di Bruno Contrada e del Boss mafioso Santapaola.
Quindi il riassunto di tutto ciò è molto preciso e dettagliato e molto grave, sia da destra che da sinistra nn cè la volontà di cambiare se sono queste le candidature quindi inviterei molti a riflettere, nn ci sono spazi per poter dire la nostra nn ci sono spiragli per poter sperare in meglio se poi si decide così in modo poco democratico e poco pulito.





SEBASTIAN ZAPPULLA

sabato 26 gennaio 2008

FINALMENTE !!!!!!

Sicilia, Cuffaro annuncia dimissioni "irrevocabili"



PALERMO (Reuters) - Il presidente della Regione Sicilia Salvatore Cuffaro, condannato la settimana scorsa a cinque anni di reclusione per favoreggiamento, ha annunciato oggi le dimissioni dal suo incarico.

E ora, entro tre mesi, la Sicilia deve tornare alle urne per eleggere il nuovo presidente e l'assemblea regionale.

"Annuncio le mie irrevocabili dimissioni", ha detto Cuffaro davanti all'assemblea regionale straordinaria, convocata stamani per "comunicazioni urgenti".

Subito dopo la condanna, nel processo sulla presunta infiltrazione di alcune "talpe" nella Direzione distrettuale antimafia (Dda) della città, Cuffaro aveva detto di essere intenzionato a mantenere la sua carica fino al 2011, poiché non era stata riconosciuta l'aggravante per mafia.

L'esponente Udc è stato condannato per i reati di favoreggiamento semplice e per violazione del segreto istruttorio.

"Già dopo la sentenza sentivo questa esigenza", ha detto Cuffaro parlando in aula.

"Ho tuttavia voluto attendere anche per approvare la legge finanziaria e la manovra di bilancio. Non potevo comunque lasciare il mio incarico senza prima conoscere la volontà dell'assemblea regionale", che giovedì scorso ha bocciato con 52 voti la richiesta di dimissioni avanzata dall'opposizione di centrosinistra.

Cuffaro aveva annunciato di voler dare le dimissioni mercoledì scorso al leader del suo partito, Pierferdinando Casini, come rivelato dallo stesso ex presidente della Camera in una nota.

"Mercoledì mattina il Presidente Cuffaro mi ha comunicato la sua volontà di dimettersi: ne ho preso atto con un profondo apprezzamento per il suo senso delle istituzioni e per il suo amore per la Sicilia", si legge nella nota.

giovedì 24 gennaio 2008

GRAZIE, GRAZIE DI CUORE CARO NINO CAPONNETTO
RESTERAI SEMPRE NEI NOSTRI VUORI

Qualcosa si muove

Mafia: Si Pente Uno Dei Colonnelli Del Boss Lo Piccolo





(AGI) - Palermo, 22 gen. - Si pente uno dei colonnelli di Salvatore Lo Piccolo: Gaspare Pulizzi, arrestato il 5 novembre a Giardinello (Palermo) assieme al capomafia di Tommaso Natale e al figlio, ha iniziato a collaborare con i magistrati antimafia. La notizia e' stata confermata in ambienti giudiziari. Pulizzi e' il terzo boss del gruppo Lo Piccolo a collaborare con la giustizia, dopo Francesco Franzese, che fece catturare i capimafia, e Antonino Nuccio. I familiari di Pulizzi sono stati portati via da Carini, paese in cui risiede. La polizia ha dovuto usare maniere decise per evitare che i parenti del boss, che si sono platealmente dissociati, impedissero agli agenti di prelevare la moglie e i bambini piccoli del boss. Pulizzi e' capomafia della famiglia di Carini. .

Favoreggiameto semplice a Cuffaro, grazie giustizia!!!!


PALERMO. " Io mi dimetterò solo se ci sarà l'aggravante" così andava dicendo in giro nelle tv il Presidente della Regione Siciliana Cuffaro.
Proprio in questi giorni il tribunale di Palermo ha emesso la sentenza in cui si dice che Cuffaro è stato condannato per favoreggiamento semplice, la prima cosa che risalta alla visione di tutti è questo favoreggiamento semplice, saremo anche ignoranti in materia giudiziaria, penso che anche il favoreggiamento semplice sia in qualche modo una collusione con la mafia, anche se nn è un favoreggiamento complicato,(come dicono i tribunali semplice), avvolte nn si riesce a capire cosa vogliono dire certe frasi, ma comunque, diciamo solo che come vadano le cose in sicilia, noi in ogni caso abbiamo un presidente della regione colluso con la mafia o che in qualche modo ha favorito la mafia e questo basta per dire che è un obbligo nei confronti dei siciliani tutti le sue dimissioni.
Certo c'è da dire che il presidente Cuffaro lo aveva detto prima, che se nn ci fosse stata l'aggravante lui nn si sarebbe dimesso, ora vorremmo anche capire, lo sapeva prima, che sarebbe stato condannato? magari ora ci spieghiamo come è possibile che lui si è difeso prima della sentenza, ma comunque aggravante o nn aggravante la sentenza dice favoreggiamento semplice ma sempre favoreggiamento è, quindi si dimetta.
"Sono molto confortato da questa sentenza -- ha detto Cuffaro -- perché ho sempre saputo di non avere favorito la mafia e questa sentenza me ne dà atto".
Bene questa sentenza come dice lui gli da atto di nn essere colluso con la mafia, ma riesce a leggere le sentenze quest'uomo?, la sentenza dice favoreggiamento semplice e condannato a anni 5 di reclusione, ora se uno dice di nn essere mafioso come fa a prendere 5 anni di reclusione per favoreggiamento, mi chiedo sempre come vanno le cose in Italia, questo uomo oggi mi ha fatto capire tante cose.
Va male!!!! e nn vi è nessun dubbio che i politici che vanno avanti hanno l'appoggio della mafia dietro.



Sebastian Zappulla

mercoledì 23 gennaio 2008

ISTITUZIONI, MEDIA E SOCIETà CIVILE INSIEME PER UN FRONTE ANTIMAFIA BASATO SULLA CULTURA

19 Minorenni arrestati in soli 18 giorni,"un pessimo inizio d'anno", come ha dichiarato il magistrato Busacca.

Ripartire dalla cultura per parlare di antimafia a Catania



CATANIA - "Siamo qui anche per la creazione di un ideale fronte antimafia che raccolga Istituzioni, Forze di Polizia, media e società civile". In questo modo Pippo Rinaldi, ispettore di Polizia e organizzatore dell’evento, ha introdotto, lo scorso 18 gennaio, la presentazione del volume “Il Silenzio - Racconto di uno sbirro antimafia” presso una nota libreria catanese. Un curioso ossimoro quello de “Il Silenzio” visto il rumore che ha prodotto sulla stampa regionale e nazionale, dando vita ad un fenomeno editoriale che ha avuto importanti ripercussioni anche nel campo sociale. L’occasione della presentazione è capitata, tra l’altro, in un momento particolarmente difficile per la città Catania, costretta a dover subire sin dall’inizio dell’anno una pesante ondata di criminalità. "E’ stato un inizio d’anno davvero pessimo – ha dichiarato Angelo Busacca, Magistrato A.N.M Catania – perché ho dovuto constatare l’arresto in 18 giorni di 19 minorenni". Un dato allarmante che va collegato ad uno stato di pesante silenzio da parte dei media. "Ormai per leggere di antimafia – ha precisato Dario Montana, fratello di Beppe Montana assassinato dalla Mafia nel luglio del 1985 e rappresentante di Libera – bisogna prendere in mano i libri. I giornali si preoccupano di altro". Un’affermazione cui ha fatto immediatamente eco Giovanna Quasimodo, giornalista de “La Sicilia” e collaboratrice de “I Siciliani” del compianto Pippo Fava. "Sul mio quotidiano non ho spazio per occuparmi – ha precisato la giornalista – dei problemi reali della città".



Rosario Battiato



"pubblicato sul Quotidiano di Sicilia del 23/01/2008

giovedì 17 gennaio 2008

CI SIAMO......

Bene ci siamo stiamo per aprire battenti, Santa Venerina è pronta ad aprire le porte alla prima associazione contro la mafia, eccola la "CASA DELLA LEGALITà E DELLA CULTURA",la nostra iniziativa vuole essere da imput, vuole essere un segnale di speranza, quella speranza che avvolte si affievolisce e avvolte si riaccende, noi vogliamo cercare di tenerla sempre accesa questa speranza, la speranza che un giorno qualcosa cambi, e nel frattempo lottiamo affinchè quel giorno nn sia un giorno così lontano.
Il sogno di questa associazione è il sogno di tutta la sicilia per bene , di tutta la società, quindi ci auguriamo che questo si avveri, ci auguriamo un buon lavoro a noi stessi e anche al nostro territorio di un proficuo rapporto di collaborazione.
GRAZIE TANTE EVVIVA LA LOTTA ALLA MAFIA.


RESPONSABILE
Sebastian Zappulla

mercoledì 16 gennaio 2008

LASCIATE IN PACE PER FAVORE IL GRANDE BORSELLINO

Milano, 1 Gennaio 2008

Non si puo' che restare allibiti nel leggere l'ultima esternazione dell'avvocato Lipera che asserisce di riferire frasi raccolte dal suo assistito, il Sig. Contrada, in un colloquio avuto presso l'ospedale Cardarelli di Napoli.

Il suddetto Contrada avrebbe testualmente detto:"Di Paolo Borsellino ho un grandissimo ricordo. Con lui c'era un'ottima collaborazione professionale, ma anche un'amicizia che ci portava a frequentarci fuori del lavoro".

Di fronte a una dichiarazione così aberrante e al di fuori della realta' accertata in piu' gradi processuali fino alla sentenza definitiva della Cassazione sono possibili due ipotesi.

La prima e' che l'avvocato Giuseppe Lipera continui autonomamente nella sua opera di disinformazione tesa a mistificare la realta' presentando all'opinione pubblica un traditore dello Stato come una vittima di chissa' quali macchinazioni ed attribuendo alla durezza del regime carcerario le condizioni fisiche dello stesso Contrada, dovute invece per la maggior parte ad un digiuno volontario attuato allo scopo.

La seconda e' che il quadro clinico denunciato sia effettivamente così grave, perlomeno a livello cerebrale, da avere completamente ottenebrato la mente dello stesso Contrada tanto da far nascere nella sua mente ricordi non assolutamente corrispondenti ed anzi in assoluto contrasto con la realta'.

Non e' assolutamente spiegabile altrimenti quanto risulta da atti processuali e quanto mi sono ancora oggi fatto ribadire dalla figlia maggiore di Paolo, cioe' che almeno in due occasioni Paolo avesse reagito al solo sentire il nome di Contrada, peraltro neanche noto al resto dei suoi familiari, dicendo esplicitamente che sarebbe stato meglio che nemmeno pronuziassero nemmeno il nome dato che si trattava di un individuo estremamente pericoloso.

Non bisogna poi dimenticare come il pentito Gasare Mutolo avesse fatto a Paolo, in un colloquio non verbalizzato, il nome di Contrada insieme a quello del Giudice Signorino.

Paolo fu ucciso la settimana prima dell'incontro che avrebbe dovuto avere con Mutolo per verbalizzare queste dichiarazioni.

Il giudice Signorino si uccise quando comunicarono a trapelare le voci sulle dichiarazioni di Gaspare Mutolo.

Contrada e' oggi in carcere per scontare una condanna definitiva e tenta di far parlare i morti e sfruttare la sparizione dell'agenda rossa di Paolo Borsellino per non pagare il suo debito con la societa'.

Salvatore Borsellino
15.01.2007
La mafia non esiste... è un invenzione della Legge
è la parola dell'avvocato Giuseppe Lipera
di C.Abbondanza e S.Castiglion
[le frasi in corsivo sono tratte dalle dichiarazioni 'un po' così' di Giuseppe Lipera in "risposta" al rigetto dell'istanza di differimento della pena da parte del Tribunale di Sorveglianza]

“In Italia si è pericolosi per Legge: basta un’aggravante di un 416 bis”.

La criminalità organizzata, la mafia, quindi, non esiste, è un invenzione di legge, di questo 416 bis, una bazzecola d'aggravante. Non lo dicono mica i mafiosi condannati, loro lo hanno sempre detto che la ‘maffia’ – ‘sta invenzioni dei comunisti’ diceva il povero Riina- non esiste. Non è nemmeno un replay di Berlusconi, Dell’Utri, Andreotti o Totò ‘Vasa Vasa’ Cuffaro e degli altri sodali della ciurma da tribunale. E’ la parola di un professionista forense: l’avvocato ‘un po’ così’ Giuseppe Lipera, che naturalmente ha anche già individuato i colpevoli, l’inventore di questo nulla ha per lui, ormai, ha un volto ben preciso: “il legislatore” e “cioè i parlamentari di allora che votarono quella legge e i parlamentari di oggi che la mantengono in vita”.
D’altronde Cosa Nostra lo ha sempre chiesto, con tanto di papello, questa legislazione antimafia è da cancellare del tutto, le ampie concessioni effettuate dai vari Governi - di destra e di sinistra - non gli possono bastare di certo, a loro che ‘non esistono’… c’è sempre stu dannato 416 bis, il 41 bis e qualche volta pure le confische e l’uso sociale dei beni confiscati va in porto nonostante il Demanio ci si impegna proprio tanto a tener tutto fermo e nascosto.
Ma lui è proprio ‘un po’ così’, il Lipera, ed è per colpa di quel ‘demonio’ di potere giudiziario che arresta, condanna e tiene in cella i condannati in via definitiva con “un semplice provvedimento di un giudice”. Ma che scherziamo? Uno fa sciopero della fame così si sente male e non lo si fa uscire dal carcere? non gli si da la grazia? non si fa una bella revisione processuale? non si cancella la sentenza anzi il 461bis direttamente con effetto reatroattivo (per tutti, naturalmente)? Ma come: uno è colluso con Cosa Nostra, ha fatto per una vita pure lo straordinario come alto funzionario dello Stato, senza chiedere una lira in più, per servire meglio i boss ed i loro traffici, tenendo bene la bocca chiusa, e lo Stato che fa? Non gli dice nemmeno “grazie”? Povero Avvocato Lipera.
Ora ci si mettono anche i medici che hanno verificato lo stato di salute di Contrada non riscontrando alcun “incompatibilità” con il sistema carcerario, nonostante le patologie proprie di un settantenne. Ci si è messo pure il Tribunale di Sorveglianza che, quando Contrada voleva a tutti i costi tornare in carcere dopo il ricovero in Ospedale, ha stabilito che dovesse restare per tutti gli esami necessari ad accertare lo stato di salute e per le eventuali cure nel nosocomio. Un vero e proprio accanimento, curare in Ospedale un anziano, in sciopero della fame, che urlava al mondo di essere sul punto di morte. Un gesto davvero inaccettabile! ma che umanità hanno questi giudizi?
Strano che l’avvocato Lipera non proceda a ricusare all'istante o, che so, a denunciare alla Corte Europea, questo Tribunale di Sorveglianza che guardando i pareri medici, a seguito di tutti gli accertamenti clinici – compresa una tac pochi giorni or sono – non si fida della parola “d’onore” del suo assistito, ma dei medici.
Ma in che Paese viviamo?!? In Italia… dove i Lipera & C possono dire qualunque cosa! Dove gran parte dei media gli danno voce e risonanza facendo sembrare le sue sparate quasi credibili e vere. Si, è davvero una situazione indecente!

PS
Mastella, spinto anche dalla sua signora, disse che avrebbe fatto tutto con estrema urgenza per arrivare alla grazia a Contrada, sottolineando che: nessuno deve morire in carcere. Chissà se qualcuno al Ministero gli ha spiegato che in Italia esiste – anche se Cosa Nostra ha sempre chiesto di abolirlo!- la pena dell’ergastolo, che prevede proprio che i condannati restino in carcere sino alla morte (attualmente in Italia i condannati all’ergastolo sono circa 1294). Forse nel suo “mondo” lui l’ha già abolito l’ergastolo, deve averne parlato con Campanella della “famiglia” di Villabate.
Contrada, peraltro non è stato condannato all’ergastolo ma a 10 anni e la sua condotta processuale ha fatto sì che anziché accertare la verità in un tempo ragionevole il procedimento a suo carico durasse più di un decennio. Inoltre non ha mai voluto collaborare con la magistratura dicendo ciò che sa e indicando gli altri anelli della catena di collusione tra mafia e pezzi dello Stato. Non ha dato alcun segno di pentimento. Quindi non può certo pretendere di non scontare una pena in carcere solo perché, ora, è anziano.
Inoltre a Mastella e coloro che urlano che non si può morire in carcere e che quindi Contrada deve essere liberato, nessuno ha mai ricordato che nelle nostre carceri dal 2000 al 2007 sono morti oltre 1211 detenuti di cui 432 per suicidio (dati non ufficiali)?
Per chi sta male - e non è condannato per gravi reati come quelli di mafia - c’è la sospenzione della pena, ed in Italia c'è anche l'istituto del differimento della pena. Naturalmente questo non vale per chi fa sciopero della fame così da aggravare le sue condizioni di salute per dire "fatemi uscire, sto male" (sic!).
Per questo però sono i medici a dire quando è necessario ai giudici che quindi provvedono, non lo stabiliscono i ministri, le moglie, i parenti, i difensori, i consulenti, i giornalisti alla Jannuzzi o altri.
Quindi ora basta con questa pantomima volta a trasformare in 'sciacalli assetati di morte e dolore' quanti chiedono semplicemente la certezza del Diritto che, in uno Stato liberale, è anche certezza della pena, per tutti! Chiedere e pretendere, soprattutto per i condannati per mafia (anche quella dal colletto bianco), che la pena sia scontata interamente e senza sconti, è chiedere la "norma" di una Giustizia degna di questo nome. Davvero, quindi, basta!

SE CONTRADA NN è MAFIOSO PERCHè LO è IL SUO AVVOCATO ?


L'AVVOCATO DEL DIAVOLO E PURE IL DIAVOLO AVVOCATO.


Conosciamo un po' meglio
il legale del "dottor morte", Giuseppe Lipera
di C.Abbondanza e S.Castiglion


Giuseppe Lipera - nella foto del suo sito al cimitero, davanti alla tomba di Enzo Tortora -, un legale con una missione: difendere i mafiosi (ops le “vittime della Giustizia”) e screditare lo Stato.
Se lo Stato istruisce i maxiprocessi contro la mafia, lui è per smantellare i maxiprocessi. Se lo Stato si avvale delle informazioni (riscontrate per attendibili, attraverso riscontri probatori) dei collaboratori di giustizia (per lui “pentiti”), lui è scardinare lo strumento della collaborazione di giustizia. No, non è una nostra opinione, lo dice lui nel suo curruculum: “il giovane avvocato Lipera si imbatte duramente con la drammatica ed ingiusta realtà giudiziaria (...) costituita dal fenomeno spregiudicato di acquisizione e valutazione della prova chiamato pentitismo e dai maxi processi.

Oltre al suo studio a Catania ha anche sede la sua associazione “Avvocatura e Progresso”, che ha organizzato diversi incontri, anche con “l'allora giovane pm” Anna Finocchiaro – la dirigente dell'Ulivo esperta di “giustizia”. Il Lipera è naturalmente folgorato da Enzo Tortora, e con lui gira il Paese, perchè questi rappresenta la “prova vivente delle storture del “pentitismo”.” Nel 1997 Leonardo Sciascia lanciava quell'infamante attacco al Pool Antimafia di Palermo, etichettando Falcone e Borsellino come “i professionisti dell'antimafia”... musica divina per le orecchie di Lipera che accorre ad incontrarlo ed acclamare contro i “professionisti dell'antimafia”. Anche questo lo dice lui, sempre nel suo curriculum.

Nel 1991 fonda il “Movimento Popolare Catanese” (MPC), che naturalmente si colloca con i movimenti indipendisti/autonomisti siciliani e che combatte una sua battaglia fondamentale per quella grande opera del Ponte sullo Stretto... si quell'opera insensata che tanto è amata dalle cosche calabresi e siciliane che già si spartivano gli appalti. Il movimento chiude i battenti nel 1993, recita sempre il suo curriculum. Manca, invece, il passaggio che lo vede tra i fondatore del partito voluto da Cosa Nostra: “Sicilia Libera”, che viene sciolto per volontà dei capi mafiosi, trasformandosi in un club di Forza Italia, che direttamente Provenzano aveva ordinato di appoggiare visto che Totò Riina, dalle risultanze investigative e dibattimentali di diversi processi, “aveva in mano Berlusconi e Dell'Utri”.


Nel 1995 segnala il suo curriculum che partecipa ad un convegno, “Le libertà del cittadino tra giustizia e politica”, a Varese, dove è “relatore appassionato” insieme a Tiziana Maiolo, Agostino Viviani, Gaetano Pecorella, Guido Podestà e Domenico Contestabile... (ma guarda il caso di quanti “azzurri” di Berlusconi e Dell'Utri ci sono tra i convenuti).
Nello stesso anno organizza un convegno sulle “vittime della Giustizia” (non della mafia, della Giustizia!). Naturalmente chiama al suo fianco quel Vittorio Sgarbi sempre in prima linea nelle azioni diffamatorie e calunniose contro Giancarlo Caselli ed il Pool di Palermo.

Nel suo curruculum trova naturalmente menzione il fatto di essere riuscito a far assolvere un medico accusato di aver curato – e protetto - la latitanza di un boss mafioso.

Nel curriculum on-line non vi è, però, menzione per la “vittoria”, nel 2004, ottenuta per la scarcerazione (in quanto era passato troppo tempo dall'acquisizione della prova, il 2000) di Francesco Mirabile - secondo la Procura, il Gip ed i Tribunale del Riesame – affiliato alla cosca La Rocca del Calatino, di Cosa Nostra. L'uomo è il fratello di Alfio, ferito gravemente da alcuni killer a S.G. Galermo, e di Pietro, in carcere per mafia, estorsione e altro. Francesco Mirabile era in carcere dal 16 luglio 2003, quando fu arrestato dalla Polizia di Catania durante un'operazione antiestorsione. Il provvedimento restrittivo venne emesso, su richiesta della DDA di Catania, dal gip Angelo Costanzo, per associazione mafiosa. Contro di lui un intercettazione ambientale di un colloquio dell'indagato con suo fratello nel carcere di Palermo dove questi si trovava detenuto. L'avvocato Lipera le ha tentate tutte e con la Cassazione riesce a ottenere che l'imputato (per associazione mafiosa con prova a carico non di un pentito bensì di sue dichiarazioni in un intercettazione con il fratello detenuto per mafia) debba essere liberato e partecipare da persona libera al dibattimento. Il Francesco Mirabile, detto
“Cicciu muccattu”, ècognato di Nino SANTAPAOLA (fratello di Benedetto) e del figlio di quest’ultimo, Giuseppe (...) “che si stava attivando per la “famiglia” grazie anche alla “coperturafornitagli dal potente capo famiglia di Caltagirone, Francesco LA ROCCA”


Questa non è l'unica "non menzione" nella lista delle “referenze” dell'avvocato Lipera. Infatti lui è anche il legale della famiglia Santapaola, la potentissima cosca catanese di Cosa Nostra con diramazioni in molte regioni del Paese (ricordiamo che il delfino del boss della cosca è stato arrestato pochi mesi fa a Genova).
In particolare lui ha fatto dichiarare Antonino Santapaola, detto Nino, incapace di intendere e volere, guadagnandogli l'Ospedale Psichiatrico anziché il carcere. Ma questo e la difesa del cognato di Nino, Francesco Mirabile, di cui abbiamo appena parlato, non è tutto. Nell'aula bunker dove si celebrava il maxiprocesso contro Santapola e la sua cosca, all'inizio di un'udienza, senza esserne il legale, l'avvocato Giuseppe Lipera, si avvicinò alle gabbie e non salutò il suo cliente, bensì andò dritto a salutare e stringere la mano a Benedetto “Nitto” Santapaola, il boss condannato per le stragi di Capaci e Via D'Amelio, di Via Carini (dove furono ammazzati il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Emanuela Setti Carro e l'agente Domenico Russo), ma anche, tra le altre, dell'omicidio di Giuseppe Fava. Quel Nitto Santapaola che da responsabile provinciale di Cosa Nostra a Catania, aveva forti legami con i servizi sergreti deviati, con la massoneria, vicinissimo a Totò Riina; anche lui ebbe rapporti con Dell'Utri, a seguito dei quali cessarono gli attentati alla “Standa” - per cui la Fininvest non fece mai denuncia – e, sempre l'accordo raggiunto – di cui hanno riferito i collaboratori di giustizia – il Santapaola investì molti soldi nelle attività della Fininvest.

Attualmente Giuseppe Lipera è impegnato nella difesa dell'unico imputato agli arresti per l'omicidio del ispettore della Polizia di Stato, Filippo Raciti, ucciso a seguito degli scontri allo Stadio di Catania il 2 febbraio 2007. Le innumerevoli richieste di scarcerazione del suo assistito Antonino Speziale, sono state tutte respinte.

Detto questo occorre ricordare che il legale di Contrada - che proprio l'ultimo giorno del 2007 ha chiamato nella sua battaglia per la “grazia-supplica-revisione” al “dottor morte” i consulenti di parte del matricidio di Cogne (seguito dal suo collega Taormina) e dell'omicidio del commissario Raciti – si è guadagnato anche la citazione nel libro del pubblico ministero Luca Tescaroli, “Perchè fu ucciso Giovanni Falcone”, per la sua partecipazione al movimento Sicilia Libera. Per esattezza lo riportiamo ampio stralcio del capitolo:

“Non vi è dubbio che l'agire criminale di Cosa Nostra potrebbe apparire “prima facie” dissennato, se valutato “sic et sempliciter” nel suo divenire fenomenico, alla stregia della prevedibile controffensiva dello Stato. In realtà, lo stesso appare, di contro, sulla scorte delle acquisizioni probatorie, consono al disegno criminale e sincrono ai tempi di evoluzione di attività relazionali esterne intraprese dai vertici dell'organizzazione.
La linea dell'attacco ordito, a far data dal 1991, non mirava a produrre una rottura fine a se stessa, ma ad una cesura protesa alla creazione di nuovi equilibri ed alleanze con nuovi referenti politico-istituzionali-finanziari: una frattura costruttiva oggettivamente agevolata dal fiorire, per l'appunto dagli inizi degli anni '90 e fino al 1993, di una serie di iniziative politiche, riconducibili in gran parte alla massoneria deviata o all'estremismo politico di destra, e caratterizzante, tra l'altro, dal sorgere di piccoli movimenti con vocazione separatista in più punti del territorio nazionale: le Leghe Italiane Pugliesi, Medidionale-Centro-Sud-Isole, Molisana, Marchigiana, degli Italiani, Sarda, La Lega delle leghe, quella Nazional Popolare, Sud della Calabria, Toscana, Laziale, Sicilia Libera (che veniva fondata il 28 ottobre 1993, a Catania, da Antonino Strano, poi divenuto Assessore regionale di A.N. per il Turismo e lo Sport, nonché dall'avv. Giuseppe Lipera e da Gaspare Di Paola, dirigente del gruppo imprenditoriale riconducibile ai fratelli Costanzo), Sicilia Libera nell'Italia Libera ed Europer (che veniva fondata, com'è noto, in data 8 ottobre 1993, a Palermo, presso lo studio del notaio Salvatore Li Puma, residente in Corleone, da Tullio Cannella, da Vincenzo Edoardo La Bua, e da altri, e che avrebbe dovuto avere come referente, nella provincia di Trapani, Gioacchino Sciacca), ecc.
Al riguardo, deve rilevarsi che Leonardo Messina ha riferito che i vari rappresentanti provinciali di Cosa Nostra si erano riuniti, nell'ennese, nel settembre-ottobre 1991, per “gettare le basi per un nuovo progetto politico” di stampo separatista: creare una nuova formazione, la Lega del Sud, appoggiata da un'ala della Massoneria e da Cosa Nostra, nel cui ambito dovevano entrare uomini dell'organizzazione, in contrapposizione alla Lega Nord, costituente, a suo dire, espressione della P2 di Licio Gelli e di Giulio Andreotti (...)
E' evidente come le indicazioni del collaboratore (attinte da Borino Miccichè) rappresentano un segmento conoscitivo di un progetto eversivo, ordito d'intesa con un “potere criminale integrato” con interessi convergenti a quelli di Cosa Nostra, che si stava accingendo, come affermano Filippo Malvagna, Antonino Cosentino e Giuseppe Grazioso, per averlo appreso da Giuseppe Pulvirenti, e come conferma, nella sostanza, anche quest'ultimo, a portare ad esecuzione la campagna di aggressione allo Stato.
Ma, a riprova del fatto di come i vertici dell'organizzazione fossero impegnati, correlativamente e nel mentre dell'esecuzione di un vero e proprio disegno cospirativo, alla ricerca ed al consolidamento di più legami per giungere ad individuare nuovi referenti politico-istituzionali, sorreggono le indicazioni di Angelo Siino, Salvatore Cancemi, Giovanni Brusca e Maurizio Avola, sulle quali appare opportuno soffermarsi brevemente.
Il primo, evidenziava, a seguito di contestazione sollecitatoria, di aver appreso, da Nino Gargano e da Giuseppe Madonia, che Bernardo Provenzano stava adoperandosi per “agganciare Craxi tramite Berlusconi” (...).
Ha aggiunto di aver, successivamente saputo da Antonino Gioè che Bagarella, tramite un ex Ufficiale della Guardia di Finanza, amico di Salvatore Di Ganci, la cui consorte era di Benevento o aveva parenti in quella città, stava cercando di contattare una persona influente vicina all'On. Craxi e che, a tal fine, era necessario fare “più rumore possibile” (alludendo con ciò ad attentati da porre in essere), onde costringerli, poi, di intervenire per far sistemare la “situazione in Italia”, a favore di “Cosa Nostra” (...).
Cancemi riferiva che Riina, in epoca antecedente alla c.d. “strage di Capaci”, si era incontrato con “persone importanti” (...) e che appartenenti al gruppo Fininvest versavano periodicamente una somma di 200 milioni di lire a titolo di contributo; sottolineava che il Riina si era attivato, a far data dagli anni '90-'91, per coltivare direttamente i rapporti con i vertici di detta struttura imprenditoriale (mettendo in disparte Vittorio Mangano, che fino a quel momento li aveva gestiti) e che, tramite “Craxi”, stava cercando di mettersi la Fininvest nelle mani o viceversa (...).
Peraltro, non sapeva precisare se e come, Riina avesse preso il controllo diretto di questo rapporto, ma ricollegava la strategia stragista proprio a tale avvicendamento.
Ha aggiunto che Riina, nel corso del 1991, gli aveva riferito che detti soggetti erano “interessati ad acquistare la zona vecchia di Palermo” e che lui stesso si sarebbe occupato dell'affare avendoli “nelle mani”. Riina e Vittorio Mangano gli avevano fatto presente che era stata incaricata una persona, chiamata “ragioniere”, per seguire “materialmente l'operazione” (...). Ed ancora, ha dichiarato di aver appreso da Raffaele Ganci, intorno agli anni 1990 1991, mentre transitavano con l'autovettura in prossimità di via Notarbartolo, che in quella zona vi erano dei ripetitori che interessavano “a Berlusconi”.
Sottolineava di aver ricevuto conferma di quest'ultima circostanza dal Riina.
Va rilevato, solo incidentalmente, che le indicazione del Cancemi, con specifico riferimento agli esporsi di denaro, hanno trovato puntuali conferme nelle dichiarazioni di altri collaboratori (Francesco Paolo Anzelmo, Calogero Ganci, Aurelio Neri, Antonio Galliano e Giovan Battista Ferrante), acquisite nel corso del processo a carico di Pierino Di Napoli, e riscontri obiettivi (...).
Lo stesso Brusca, sia pur con riferimento ad epoca antecedente alla campagna stragista, ha riferito di essere a conoscenza del fatto che alcuni imprenditori milanesi pagavano, a titolo di estorsione o di contributo, una somma di denaro ad appartenenti all'organizzazione e che, in particolare l'On.le Berlusconi “mandava qualche cosa giù come regalo, come contributo, come estorsione” al di lui cugino Ignazio Pullarà. Quest'ultimo inviava Peppuccio Contorno (omonimo del collaboratore) e tale Zanga, a ritirare il denaro negli anni 1981-'82'83 (...).
Non è ultoneo, poi, rimarcare, per inquadrare appieno la valenza della campagna di aggressione ed il contesto ideativo in cui si inserisce, che il Cancemi, nel corso del giudizio d'appello, ha raccontato di una riunione, tenutasi circa venti giorni prima della c.d. “Strage di Capaci”, nel corso della quale Riina aveva fatto presente che esistevano accordi con autorevoli personaggi del mondo politico nazionale (che ha indicato nominativamente) aventi ad oggetto provvedimenti legislativi (...).”

Se qualcuno ha parlato del “partito degli avvocati” che non ha la minima intenzione di difendere gli imputati nell'ambito del processo, bensì di difenderli dal processo,... bisogna certo dire che Giuseppe Lipera è “un buon partito”, o no?